Poco prima delle 8 del mattino del 15 gennaio 1915, uno dei terremoti più forti che abbiano avuto luogo in Italia colpì la Piana del Fucino (da poco prosciugata dall’antico lago), la Marsica e una vasta area tra Abruzzo e Lazio. Il terremoto di Avezzano raggiunse l’undicesimo grado su dodici della scala Mercalli e causò oltre 30.000 vittime.
Poco prima delle 8 del mattino del 15 gennaio 1915, uno dei terremoti più forti che abbiano avuto luogo in Italia colpì la Piana del Fucino (da poco prosciugata dall’antico lago), la Marsica e una vasta area tra Abruzzo e Lazio. Il terremoto di Avezzano raggiunse l’undicesimo grado su dodici della scala Mercalli e causò oltre 30.000 vittime.
La scossa provocò danni anche a Roma, che allora aveva un’estensione molto più piccola dell’attuale. La disponibilità di registrazioni sismiche su sismografi elettromeccanici in diversi osservatori nel mondo ha permesso di ricavare una magnitudo strumentale stimata pari a 7.1. La vulnerabilità degli edifici ebbe un ruolo molto importante nell’estensione dei danni: le strutture presenti erano tutte in muratura, molte in pietrame e di bassa qualità. La normativa sismica all’epoca si applicava su aree che venivano riconosciute solo dopo i terremoti e quindi non esistevano costruzioni anti-sismiche nell’area colpita. Dall’analisi della distribuzione dei danni fu accertato anche il contributo degli effetti di maggiore o minore amplificazione del moto sismico dovuto alle caratteristiche meccaniche dei terreni di fondazione.
Il caso di Sora
Il caso di Sora è particolarmente emblematico. La città sorge su rilievi calcarei e in un’ampia valle di sedimenti alluvionali. Il danno fu sensibilmente maggiore, allontanandosi dalla roccia verso il centro della valle. I soccorsi furono lenti e ostacolati dalla neve che cadde copiosa pochi giorni dopo il terremoto. Le vicende che stavano trascinando l’Italia verso la partecipazione al primo conflitto mondiale fecero presto sparire dalle prime pagine dei giornali le notizie relative alla catastrofe. Da cento anni non vi sono più stati in Italia terremoti che abbiano superato la magnitudo 7 e appare quindi quanto mai utile fare in modo che la memoria di questi eventi non vada perduta, trasformando le commemorazioni in un’occasione per riflettere sullo stato attuale della nostra preparazione ad affrontare il ripetersi di simili eventi.
A questo proposito segnalo un convegno che si è tenuto il 15 e 16 gennaio e che si è diviso tra memoria e studio del terremoto del 1915 ed esperienze attuali.