Una vecchia storiella racconta di un ubriaco che cerca le chiavi di casa che ha perduto aggirandosi attorno a un lampione. Un passante che vuole aiutarlo gli chiede se è sicuro di averle perse lì intorno, e l’ubriaco risponde “No, ma qui almeno c’è la luce per cercarle”. A volte i sismologi si trovano nella stessa imbarazzante posizione, perché alcune zone sismogeniche sono poco coperte dalla strumentazione.
Una vecchia storiella racconta di un ubriaco che cerca le chiavi di casa che ha perduto aggirandosi attorno a un lampione. Un passante che vuole aiutarlo gli chiede se è sicuro di averle perse lì intorno, e l’ubriaco risponde “No, ma qui almeno c’è la luce per cercarle”. A volte i sismologi si trovano nella stessa imbarazzante posizione, perché alcune zone sismogeniche sono poco coperte dalla strumentazione.
La Faglia di Cascadia sta per scatenarsi?
Se è vero che ormai la rete mondiale è in grado di registrare tutti gli eventi più forti, è anche vero che non abbiamo cataloghi completi per basse magnitudo in alcune aree, prevalentemente in mare. L’attenuazione sismica e il rumore naturale di fondo impediscono di registrare i piccoli terremoti, che sono molto più frequenti e possono fornire indicazioni più precise sulle zone di faglia attive. Recentemente questo problema si era posto per la Faglia di Cascadia, la megastruttura di centinaia di chilometri che marca una zona di subduzione nel Pacifico settentrionale, lambendo le coste di Oregon e Washington negli USA e della Columbia Britannica in Canada. La presenza nella zona di grandi città come Portland, Seattle e Vancouver rende elevatissimo il rischio sismico di quest’area. Ma la faglia di Cascadia pone un interrogativo: si sa da dati di paleo-terremoti e paleo-tsunami che han prodotto in passato eventi di magnitudo superiore a 8, ma i sismografi a terra registrano pochissimi eventi provenienti dalla faglia. Si tratta quindi di una faglia completamente bloccata che sta accumulando una enorme quantità di energia che rilascerà in un unico grande evento?
Per poter rispondere a questa domanda, un esperimento durato due anni ha calato sul fondale oceanico sopra la faglia un elevato numero di sismometri sottomarini (OBS, Ocean Bottom Seismometers). Recuperati gli strumenti ed elaborati i dati si è scoperto che, avvicinandosi alla faglia, questa non è così silente come sembra da terra. Sono stati registrati infatti molti terremoti di magnitudo inferiore a 3, la cui distribuzione non è uniforme. Questi scricchiolii del piano di faglia sono distribuiti in agglomerati separati da zone effettivamente silenti, indicando quindi quali sono i segmenti maggiormente indiziati di essere bloccati accumulando la maggior parte dell’energia. I risultati degli esperimenti sono appena stati pubblicati su di un numero speciale delle rivista Seismological Research Letters.
Il Mediterraneo
Anche nel Mediterraneo si hanno situazioni simili. Recentemente il progetto SHARE ha reso disponibile una mappa di faglie sismogeniche in tutta l’area europea e mediterranea. Anche nei mari italiani sono state proposte numerose faglie note tramite l’esplorazione geofisica dei fondali marini. Alcune di queste faglie non hanno evidenza di terremoti storici o di sismicità recente, come quella che viene ubicata nel Golfo di Trieste. Per poter sapere se queste faglie sono effettivamente attive sarà necessario migliorare la geometria delle reti sismiche a terra e installare sismometri sottomarini anche al largo delle nostre coste, abbandonando le confortevoli certezze dei lampioni accesi dai terremoti storicamente noti.