L’aritmetica è per molti matematici e filosofi l’idealizzazione del tempo, del ritmo, così come la geometria lo è dello spazio. Come ci ricorda Aldo Palazzeschi.
Scriveva il gigante della poesia Aldo Palazzeschi (1885-1974), su Lacerba, 25, nel 1915:
Uno due tre
caffè caffè caffè.
Quattro cinque sei
lei lei lei.
Sette otto nove
piove piove piove.
Zero.
Nero.
Poesia a rime baciate nella forma più banale AABB…
Cancelliamo tutto quel che è inutile per individuare il “senso narrativo”:
Caffè caffè caffè.
Lei lei lei.
Piove piove piove.
Nero.
E poi eliminiamo le ripetizioni, andiamo all’essenziale della triste storia d’amore non corrisposto:
Caffè.
Lei.
Piove.
Nero.
Quattro parole, la laconicità più esasperata, la storia comprensibilissima, “numeri” rispettati [direbbe Niccolò Tommaseo (1802 – 1874)] …
Ma, non è più la stessa cosa … Quei pochi, sì, forse banali, suoni numerici avevano una musicalità semplice che così s’è persa, che ha tolto fascino alla prima composizione. L’aritmetica, d’altra parte, è per molti matematici e filosofi l’idealizzazione del tempo, del ritmo, così come la geometria lo è dello spazio.
Su questo crea Palazzeschi?
Davvero, le due culture?
[immagine: Aldo Palazzeschi in una foto di Massimo Capodanno]