Il recente terremoto in Cile di magnitudo 8.2 ha causato diverse reazioni sulla Rete da parte di chi si domandava come mai da noi all’Aquila un magnitudo 6.1 potesse aver ucciso 300 persone mentre là un magnitudo 8.2 ha fatto solo una ventina di vittime.
Il recente terremoto in Cile di magnitudo 8.2 ha causato diverse reazioni sulla Rete da parte di chi si domandava come mai da noi all’Aquila un magnitudo 6.1 potesse aver ucciso 300 persone mentre là un magnitudo 8.2 ha fatto solo una ventina di vittime.
Il rischio sismico
Se da un lato è vero che per ogni grado di magnitudo l’energia aumenta di un fattore trenta, quindi tra un 6.1 e un 8.2 passa un fattore mille, non è affatto detto che ciò si debba necessariamente ripercuotere nel numero delle vittime.
Il rischio sismico è dato da tre fattori: Pericolosità (quanto è probabile/forte un terremoto), Vulnerabilità (quanto sono resistenti gli edifici), Esposizione (quante persone/edifici sono esposte al rischio).
Il fatto che un terremoto sia 1000 volte più forte alla sorgente non significa che dia movimenti del suolo 1000 volte più forti. Per varie ragioni, il movimento del suolo ha dei limiti superiori e quindi tra un terremoto 6 e uno 8 spesso passa un fattore 2 o anche meno. Non entriamo nel tecnico ma esistono una serie di fattori (come l’attenuazione non lineare, l’attenuazione geometrica, il comportamento non lineare dei suoli) che limitano i valori massimi delle accelerazioni del terreno.
La registrazione accelerometrica più forte del terremoto del Cile restituisce un valore del picco di accelerazione del suolo dello stesso ordine di grandezza, di poco sopra il 60 per cento dell’accelerazione di gravità.
Terremoti molto forti generano poi onde con periodi molto lunghi, lontani dai periodi degli edifici, e quindi molta energia viene dispersa su frequenze che non fanno danni.
La distanza dell’epicentro
Ci sono poi altri due fattori, la distanza e la direttività. Il terremoto in Cile ha avuto epicentro in mare, non sotto aree abitate, e soprattutto si è molto allontanata dalla costa l’area di massimo scivolamento (slip) della faglia. L’epicentro è il punto da cui parte la rottura del piano di faglia, mentre i danni sono spesso sulla verticale del massimo dello slip.
Dalle prime elaborazioni dell’USGS, i massimi dello slip per il Cile si sono verificati molto al largo della costa e lontano dall’epicentro. Il fatto che il massimo dello slip sia verso l’oceano rispetto all’epicentro significa anche che il massimo dell’energia è stata irradiata in quella direzione e non verso terra. Si tratta del fenomeno della direttività della sorgente sismica, che non irradia onde concentriche come un sasso nello stagno, anche se è questa la rappresentazione utilizzata dai media.
Densità di popolazione diverse
Veniamo ora alla esposizione. Molto utile a questo proposito è il sito PAGER dell’USGS che stima i possibili danni per tutti i forti terremoti. Confrontiamo quanti abitanti c’erano nelle zone (molto vaste) in cui era possibile raggiungere accelerazioni in grado di causare crolli in Cile con il dato dell’Aquila. L’Italia è molto più densamente popolata, quindi, nonostante l’area enorme del risentimento in Cile, la popolazione coinvolta da un VIII grado di intensità MMI o superiore è solo quattro volte maggiore in Cile rispetto all’Aquila.
Quindi: il moto del suolo è confrontabile, l’esposizione è di poco superiore in Cile, la vulnerabilità italiana è un po’ più alta, ma niente per cui stracciarsi le vesti. Non dimenticate che in luoghi all’avanguardia nella prevenzione sismica, come California, Giappone e Nuova Zelanda, terremoti di magnitudo 6 o poco superiore negli ultimi decenni hanno fatto centinaia o migliaia di morti.