Il Rapporto ICHESE non è un articolo scientifico. A una commissione internazionale era stato chiesto di rispondere a due domande, dati chiari limiti di tempo e risorse utilizzabili (solo dati disponibili e nessun esperimento o prova da farsi ex-novo). Date queste limitazioni la commissione ha dovuto concludere i suoi lavori lasciando aperti alcuni interrogativi. Ora però, i primi risultati di un nuovo studio sembrano escludere un rapporto di causa-effetto tra attività antropica e terremoto dell’Emilia.
Il Rapporto ICHESE non è un articolo scientifico. A una commissione internazionale era stato chiesto di rispondere a due domande, dati chiari limiti di tempo e risorse utilizzabili (solo dati disponibili e nessun esperimento o prova da farsi ex-novo). Date queste limitazioni la commissione ha dovuto concludere i suoi lavori lasciando aperti alcuni interrogativi, ma indicando quali prove potevano essere condotte per chiarire i dubbi residui. In particolare era necessario verificare se la iniezione dei reflui al pozzo Cavone 14 poteva indurre sovrapressioni in grado di propagarsi al di fuori del giacimento e quindi di aver giocato un ruolo nella attivazione dei terremoti del maggio 2012.
Nessun rapporto di causa-effetto tra attività antropica e terremoto dell’Emilia?
Ora sono stati pubblicati i dati delle prove svolte nell’ esperimento denominato CavoneLab. I risultati resi disponibili mostrano che anche con volumi maggiori di quelle del normale esercizio non si generano pressioni rilevanti già a soli 500 metri dal pozzo di iniezione. Ora è in corso una fase di modellazione numerica per confermare i risultati sperimentali, ma non sembra che possano esistere le condizioni che sarebbero state necessarie perché la evidenza di correlazione statistica evidenziata dal rapporto ICHESE si trasformi in un rapporto di causa-effetto tra attività antropica e terremoto dell’Emilia.
Sul versante delle condizioni naturali per lo stesso evento, è uscito poi sulla rivista Seismological Research Letters un articolo di Pier Luigi Bragato, ricercatore dell’OGS, che inquadra la sequenza del 2012 all’interno di un quadro ripetutosi altre volte: una quiescenza sismica durata diversi anni sul margine meridionale della pianura Padana interrotta da un periodo di intensa attività iniziato nel 2011 in concomitanza con un periodo di maggiore attività del margine Nord. Non si tratta di un tentativo di proporre un metodo di previsione di singole scosse, quanto di mostrare come i due margini opposti della porzione settentrionale della placca Adriatica (dall’Appennino Tosco-Emiliano alle Prealpi Venete) abbiano dei periodi di comune maggiore attività, forse dovuti ad accelerazioni del movimento delle placche tettoniche.