Presto sarà possibile esplorare gli oceani da un punto di vista molto particolare. È quello di SoFi, un pesce robot su cui stanno lavorando i ricercatori del Computer Science and Artificial Intelligence Lab del Massachusetts Institute of Technology. Il suo primo test è stato effettuato nelle acque della Rainbow Reef delle isole Fiji, dove è riuscito a raccogliere foto e video ad alta risoluzione utilizzando un obiettivo fish-eye (e come potrebbe essere altrimenti?).
Presto sarà possibile esplorare gli oceani da un punto di vista molto particolare. È quello di SoFi, un pesce robot su cui stanno lavorando i ricercatori del Computer Science and Artificial Intelligence Lab del Massachusetts Institute of Technology. Il suo primo test è stato effettuato nelle acque della Rainbow Reef delle isole Fiji, dove è riuscito a raccogliere foto e video ad alta risoluzione utilizzando un obiettivo fish-eye (e come potrebbe essere altrimenti?).
Un pesce robot per esplorare la vita sottomarina
SoFi è l’abbreviazione di Soft Robotic Fish, un robot biomimetico simile a un vero pesce: waterproof, è lungo circa mezzo metro, nuota grazie a una coda tenuta in movimento da un sistema idraulico che riesce a regolare anche il galleggiamento e gli spostamenti verticali. È in grado di raggiungere velocità pari alla metà della lunghezza del suo corpo al secondo e profondità di 18 metri al di sotto del livello del mare. È dotato di una videocamera, di sensori ambientali, di un idrofono (microfono subacqueo), un sistema operativo e uno per la comunicazione. E l’energia per affrontare le sue avventure? SoFi ha una batteria della durata di 45 minuti. Avrete già capito che questo pesce robot non è il tipico strumento utilizzato fino a ora per l’osservazione marina. Le sfide che hanno dovuto affrontare i suoi ideatori sono state molteplici.
La sfida: la comunicazione subacquea
Le caratteristiche richieste a questo robot affinché fosse assolutamente adatto all’esplorazione marina erano la dimensione ridotta, la silenziosità, il design arrotondato e l’assenza di cavi e collegamenti con l’esterno: tutti aspetti che gli permettono di non spaventare i pesci e anzi, poter nuotare accanto a loro senza problemi. Tutto questo, però, si è tradotto in una vera e propria sfida tecnologica che gli scienziati del MIT hanno affrontato con successo. La soluzione messa a punto per la comunicazione subacquea è curiosa: il sistema di comunicazione di SoFi permette al sommozzatore di fornire comandi attraverso un controller del Super Nintendo appositamente modificato. I comuni segnali in remoto, quelli che ad esempio sono utilizzati per comandare un drone, non funzionano sott’acqua. Le onde sonore invece sì: gli studiosi hanno progettato un linguaggio costituito da segnali acustici ad alta frequenza, non udibili dai pesci, che possono viaggiare a 20 metri di profondità.
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Uno strumento per il futuro della biologia marina
Le comunicazioni di SoFi non sono percepite dai pesci ma potrebbero esserlo da alcuni delfini e balene. Questo è solo uno dei problemi su cui i ricercatori dovranno focalizzare l’attenzione in futuro. Robert Katzschmann, studente del MIT che ha guidato il team, ha spiegato in un’intervista al New York Times Science che l’obiettivo primario era costruire qualcosa di utile per i biologi. La speranza è che presto ci sia un piccolo banco di SoFi non troppo costosi e ben tollerati da flora e fauna oceanica che permettano ai biologi marini di osservare con un punto di vista privilegiato, quello di un pesce, le interazioni tra animali durante le modificazioni degli ecosistemi marini, al fine di studiare e proteggere la vita sottomarina dalle minacce dovute all’attività umana e al cambiamento climatico.
Rimaniamo sott’acqua e capiamo insieme “Il ruolo degli oceani nella regolazione del clima” acquistando e leggendo l’articolo di Sandro Carniel che troverete nel numero di agosto 2017 di Sapere.