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12 Apr 2021

108 minuti: 60 anni fa il volo di Gagarin che inaugurò una nuova era

Massimo Giuseppe Romanello

Massimo Giuseppe Romanello
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Per tutti gli appassionati di volo spaziale, il 12 aprile è una data che non si dimentica, direi proprio che possa essere considerato come il Natale per i cristiani. In questo giorno, infatti, nel 1961 nasce il volo spaziale con equipaggio umano e per questo ricordiamo la Giornata Internazionale dei Viaggi dell’Uomo nello Spazio.

 

La conquista dello spazio

Per la prima volta, esattamente sessant’anni fa, un uomo lascia la Terra e osserva il nostro pianeta dallo spazio. Siamo negli anni della guerra fredda quando le grandi superpotenze Stati Uniti d’America e Unione Sovietica sono in continua competizione per primeggiare nella conquista dello spazio.
Il 5 ottobre del 1957 i russi sono già riusciti a inviare in orbita il primo satellite artificiale (lo Sputnik 1) e successivamente il 3 novembre del 1957 lo Sputnik 2 con a bordo il primo essere vivente, la cagnetta Laika, che detiene anche il triste primato del primo essere vivente a morire nello spazio. Gli Stati Uniti tentano continuamente di raggiungere i traguardi dei russi senza in realtà eguagliarli.
Dal punto di vista politico e militare, per le due superpotenze, primeggiare in queste imprese ha un significato notevole. Bisogna comunque ammettere che questa competizione, pur alimentata da motivi non del tutto virtuosi, quelli bellici appunto, ha avuto risvolti estremamente positivi nello sviluppo tecnologico aerospaziale e non solo. Senza di essa probabilmente oggi non saremmo in grado di comunicare e vivere in un mondo che non ha praticamente più confini.

 

Il viaggio di Gagarin, il primo uomo nello spazio

Alle 9.06 orario di Mosca, il Vostok 1, una capsula spaziale del peso di 2,46 tonnellate e del diametro di 2,25 metri, praticamente delle dimensioni di una piccola utilitaria (immaginate una sfera grande come una Smart con un solo sedile e 3 oblò) viene lanciata con un missile R7 dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan. A bordo il ventisettenne Yuri Alexeyevich Gagarin, tenente e pilota di Mig-15, selezionato fra 2200 canditati.
Dopo solo 9 minuti la capsula è già in orbita, e viaggia alla velocità di 28 000 chilometri orari. Lo spettacolo che si presenta ai suoi occhi è straordinario e immagino che in realtà non ci siano parole, in nessuna lingua del mondo, in grado di descriverlo. Una volta in orbita la sala di controllo chiede a Gagarin come si sentisse. La sua risposta fu: «Il viaggio procede bene, le apparecchiature funzionano normalmente. La ricezione è eccellente. Sto osservando la Terra. Visibilità buona. Riesco a vedere le nuvole. Riesco a vedere tutto. È bellissimo!».
Il suo viaggio di appena 108 minuti attorno al pianeta Terra è cominciato e lui ha tutto il tempo di goderselo, visto che l’intera missione è autopilotata e Gagarin non deve praticamente toccare neanche un pulsante o una leva di comando.
Gagarin si muove verso est e in meno di 30 minuti dopo il lancio mattutino a Baikonur, ora attraversa il Pacifico sorvolando la metà buia del pianeta.
Alle 10.25 ora di Mosca, a 79 minuti dal lancio, quando si trova sopra l’Africa occidentale, i retrorazzi si accendono automaticamente per 40 secondi cominciando la fase di decelerazione per l’imminente rientro sulla Terra.
A questo punto, la capsula sferica con all’interno Gagarin si sarebbe dovuta staccare dal modulo di servizio, contenente i retrorazzi e la strumentazione, ma un groviglio di cavi elettrici che permettono il trasferimento di dati ed energia tra i due moduli li tiene ancorati. La capsula comincia a ruotare in maniera incontrollata facendo quasi svenire Gagarin. Per fortuna, i cavi si rompono, probabilmente a causa del surriscaldamento dovuto all’attrito con l’atmosfera.
A 4 chilometri dal suolo Gagarin viene espulso automaticamente dalla capsula e si paracaduta alla periferia di un villaggio chiamato Smelkovka, a sud-ovest della città di Engels nella regione di Saratov, effettuando quasi un’orbita completa del nostro pianeta (quasi perché in realtà tocca il suolo a 1500 km dal cosmodromo di Baikonur, senza quindi effettuare un giro completo).
Dopo i 108 minuti di questo straordinario viaggio inizia l’era in cui l’uomo lascia la Terra per esplorare lo sconfinato spazio che la circonda. Perché, come disse Konstantin Tsiolkovsky: «La Terra è la culla dell’umanità, ma non si può vivere in una culla per tutta la vita».

 

Immagine: copyright SiefkinDR – Wikimedia

Massimo Giuseppe Romanello
Massimo Giuseppe Romanello
Massimo Giuseppe Romanello è ingegnere edile e aerospaziale. Effettua in maniera indipendente ricerca scientifica nel campo dell'ingegneria pubblicando per diverse riviste scientifiche internazionali. Divulgatore scientifico per passione ha pubblicato per Sapere La farfalla e il proiettile: breve storia dello Space Shuttle e La danza dei giganti (articolo finalista al premio nazionale di divulgazione scientifica 2020 ). Attualmente vive a Toronto dove si occupa della progettazione e realizzazione di strutture in acciaio per high rise buildings.
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