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26 Ago 2021

Esistono pianeti migliori della Terra dove vivere?

Marco Sergio Erculiani

Marco Sergio Erculiani
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È ormai celebre la frase “non c’è posto come casa”. E in effetti la Terra è la nostra casa. Ci siamo sviluppati (chi più chi meno), siamo cresciuti, abbiamo imparato a conoscerla e ad amarla. È per noi il posto migliore dell’Universo. Ho detto per noi perché in realtà, fisicamente parlando, esistono altri mondi dove potenzialmente le condizioni sarebbero più adatte per ospitare la vita. Ma come è possibile?
Si parla di super-abitabilità, e non è un concetto semplice da comprendere, proprio perché la Terra già ci sembra il meglio. In realtà, ci sono due dozzine di pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare che possono avere condizioni più adatte alla vita rispetto al nostro. E volete sapere di più? Alcuni di questi orbitano attorno a stelle ancora migliori del nostro Sole. Ma cosa significa “migliori”?

 

Cos’è la super-abitabilità di un pianeta?

A spiegarlo ci hanno provato Dirk Schulze-Makuch e i colleghi della Washington State University. I pianeti super-abitabili sono mondi più vecchi, un po’ più grandi e leggermente più caldi della Terra, dove la vita potrebbe prosperare anche con maggiore facilità (sottolineiamo potrebbe, per quanto ne sappiamo, l’unico pianeta che ha vita, oggi come oggi, è la Terra).
Le stelle attorno a cui orbitano sono più stabili e cambiano più lentamente rispetto al Sole, garantendo molto più a lungo una continuità delle condizioni adatte alla vita. Ci sono voluti quasi 4 miliardi di anni prima che qualsiasi forma di vita complessa apparisse sulla Terra, e il Sole ha una vita di circa 10 miliardi di anni. Probabilmente, molte stelle simili al nostro Sole potrebbero esaurire il carburante prima che la vita complessa possa svilupparsi. Ci sono altre stelle, le stelle nane K, che sono più fredde e meno massicce del Sole, ma hanno il vantaggio di avere una durata di oltre 20 miliardi di anni. È un sacco di tempo!

 

Quali sono le condizioni migliori per la vita?

Pensate, i 24 principali contendenti allo scettro di miglior pianeta dell’Universo conosciuto sono tutti oltre i 100 anni luce  di distanza. Ma cercare la vita al di fuori del Sistema Solare non significa necessariamente cercare un pianeta simile alla Terra, poiché potrebbero esserci pianeti più adatti alla vita. Questi pianeti non dovrebbero essere così vecchi da aver esaurito il loro calore geotermico e i loro campi geomagnetici protettivi. Inoltre, un pianeta il 10% più grande della Terra potrebbe avere più superficie colonizzabile e una massa una volta e mezza quella della Terra garantirebbe un riscaldamento interno attraverso il decadimento radioattivo più a lungo, e manterrebbe più a lungo l’atmosfera sopra di esso.
Infine, una temperatura superficiale media di circa 5° C superiore garantirebbe, a parità di acqua, una umidità maggiore e sarebbe più gradevole, come dimostra la maggiore biodiversità nelle foreste pluviali tropicali.
Di tutti i pianeti scoperti, solo uno ha tre delle caratteristiche critiche che lo rendono forse molto più confortevole per la vita rispetto alla Terra, KOI 5554.01. Ha una temperatura di 26,17° C, un raggio compreso fra 0,72 e 1,29 raggi terrestri e un’età di circa 6 miliardi e mezzo di anni.
Sulla Terra però, lo sappiamo bene, non è necessario avere il meglio, ma fare il meglio con ciò che si ha. E qui sulla Terra la vita è una vera esperta di questa filosofia.

 

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Figura 1: Grafico raggio-massa degli esopianeti e zona di abitabilità. Crediti: Dirk Schulze-Makuch et al., https://www.liebertpub.com/doi/10.1089/ast.2019.2161

Marco Sergio Erculiani
Marco Sergio Erculiani
Marco Sergio Erculiani è laureato in Astronomia presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia di Padova e ha conseguito il dottorato in Scienze, Tecnologie e Misurazioni Spaziali presso il CISAS, con una tesi sulla simulazione in laboratorio di ambienti esoplanetari per la ricerca dei segnali di vita al di fuori del nostro Sistema Solare. Autore per numerose riviste scientifiche e blog, si occupa da sempre di divulgazione, e collabora a Bologna con l’Istituto Nazionale di Astrofisica dove supporta il gruppo SETI Italia nella ricerca di biomarker e costruzione di strumentazione tecnologica.
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