Il campo delle scienze spaziali sta acquistando sempre maggiore influenza attraverso le svariate applicazioni sia sulla nostra vita quotidiana sia sulla struttura di interi sistemi economici. Da anni ormai ne hanno acquisito coscienza anche alcuni Paesi africani, che animano quella che viene giornalisticamente chiamata “la corsa africana verso lo spazio”.
Il Sudafrica e il progetto SKA
Il Sudafrica è stato il primo Paese africano a rendersi soggetto attivo nell’esplorazione spaziale, fin dall’alba della space age. Dal lancio del suo primo satellite, il Sunsat, nel 1999, i governi sudafricani si sono prodigati nel promuovere l’esplorazione spaziale e nel creare un sistema satellitare nazionale. Un esempio dell’importante ruolo del Sudafrica nel contesto della politica spaziale multilaterale è quello del Square Kilometre Array (SKA) Project, un progetto internazionale che prevede la costruzione del più grande radiotelescopio al mondo, con impianti in Australia e, appunto, in Sudafrica.
Oltre al Sudafrica anche altri Paesi africani hanno intrapreso programmi spaziali e ricerche in campo satellitare e missilistico, con l’obiettivo di fare questo “balzo” e accedere alla corsa spaziale. Tra questi troviamo la Nigeria, l’Etiopia, l’Egitto, il Kenya, l’Algeria e il Ghana.
Il programma spaziale nigeriano
La Nigeria ha un programma spaziale tutto suo, dal 2003 al 2011 ha lanciato cinque satelliti attraverso la National Space Research and Development Agency (NASRDA), l’Agenzia spaziale della Nigeria, controllati dalla stazione terrestre nel centro di Abuja. Questi satelliti, che hanno contribuito a migliorare le pratiche agricole, raccogliendo i dati sul clima, sono stati anche impiegati per monitorare i movimenti del gruppo terroristico Boko Haram. La NASRDA si è prefissata obiettivi importanti, come l’invio nello spazio di un astronauta entro il 2030 e l’implementazione di nuove generazioni di satelliti che si aggiungeranno a quelli già in orbita, destinati all’analisi dei dati climatici per il miglioramento della resa agricola, all’individuazione degli ostaggi di gruppi terroristici e alla creazione di network di comunicazione.
Inoltre la Nigeria ha rilanciato l’industria aereospaziale del Paese puntando anche sulla cooperazione con le potenze spaziali emergenti del continente, come nell’ambito dell’African Resources Management Constellation (ARMC), l’ambizioso progetto di monitoraggio satellitare delle risorse continentali africane che vede protagoniste anche il Kenya, l’Algeria e il Sudafrica.
La corsa africana continua
L’Etiopia ha inaugurato un osservatorio astronomico sulle colline della capitale, Addis Abeba.
L’Angola ha annunciato il lancio del satellite AngoSat-2, di fabbricazione russa, che sostituirà Angosat-1, il primo satellite angolano lanciato nel dicembre 2017.
Il Ghana ha lanciato con successo il suo primo satellite nello spazio, il GhanaSat-1, che verrà impiegato per monitorare le coste del Ghana, al fine di supportare il progresso scientifico e tecnologico.
Gli esperti stimano che entro il 2024, almeno 19 nazioni africane avranno lanciato un satellite nello spazio. Nel 2017 l’assemblea generale dell’Unione Africana (AU) ha infatti approvato in via definitiva il progetto di un’agenzia spaziale continentale: l’African Space Agency (ASA).
La corsa verso lo spazio del continente africano non è solo legata al bisogno di riconoscimento internazionale, ma è un valido strumento per trovare soluzioni a problematiche ataviche, come l’insicurezza alimentare, la lotta alla desertificazione, alle inondazioni, la sorveglianza della sicurezza interna o internazionale, le malattie grazie alla telemedicina, la mancanza d’istruzione grazie alla scuola telematica, la gestione dei mezzi di trasporto, o ancora la localizzazione delle risorse fondamentali, come l’acqua stessa.
La creazione di un’Agenzia Spaziale Africana è considerata anche un’occasione di formazione per le future generazioni e un’opportunità per creare e saper usare le applicazioni a beneficio dello sviluppo. Il problema principale però resta il reclutamento di fondi che potrebbe purtroppo portare a ritardi consistenti per la sua realizzazione.
Come stanno reagendo le altre potenze mondiali?
La reazione di Russia, USA e Cina
Ad oggi gli Stati Uniti e le imprese private americane hanno mostrato scarso interesse per le iniziative spaziali africane, che invece potrebbero ridare slancio alle relazioni commerciali bilaterali tra Washington e i Paesi del continente.
La Russia, al contrario, ha dimostrato un crescente interesse per l’industria aereospaziale africana, ritagliandosi ampie quote di mercato anche in Paesi a forte influenza straniera come l’Angola, per conto della quale nel 2017 ha lanciato il suo primo satellite. Le autorità russe hanno dichiarato, nel giugno 2019, che sono in atto negoziati con imprecisati Paesi africani in merito alla costruzione di stazioni terrestri del Global Navigation Satellite System (GLONASS), l’alternativa russa al GPS americano, al Beidou cinese e al sistema europeo Galileo. Altre compagnie spaziali russe hanno investito nel continente, come ad esempio la Sputnix e la GK Launch Services, sussidiaria dell’agenzia statale ROSCOSMOS specializzata nei lanci commerciali dei Soyuz-2.
La Cina, però, è sicuramente il Paese che sta investendo di più nel mercato spaziale africano, forte anche di saldi rapporti commerciali e politici che la legano alle maggiori potenze africane. Il gigante asiatico, infatti, considerando i satelliti alla stregua di infrastrutture, ha integrato gli investimenti spaziali e satellitari nella Belt and Road Initiative (BRI), il progetto di investimenti infrastrutturali che ha come scopo quello di rafforzare il ruolo commerciale della Cina a livello internazionale. La Cina ha investito una quota azionaria di 550 milioni di dollari nella NigComSat, l’ente statale nigeriano incaricato della politica satellitare del Paese, divenendo così parte attiva del programma spaziale nigeriano. Il colosso asiatico ha dunque scelto un modello di intervento basato sul finanziamento diretto di progetti spaziali locali a cui poi partecipa nella fase di ricerca, sviluppo e lancio, contrapponendosi al modello russo che si basa, al contrario, su investimenti dei Paesi africani riversati su progetti spaziali di Mosca.
L’Italia e il ruolo dell’Agenzia Spaziale Italiana
L’Agenzia Spaziale Italiana gestisce dal 2004 in Kenya il Centro Spaziale “Luigi Broglio” (Broglio Space Center, BSC) di Malindi. Il Centro è sede di progetti di ricerca e di attività di formazione e rappresenta un asset strategico per Italia e il Kenya nelle tecnologie spaziali e la cooperazione internazionale.
La presenza italiana è regolata da un Accordo internazionale intergovernativo, stipulato nel 2016 ed entrato in vigore il 16/12/2020, per una durata di 15 anni.
La base rappresenta anche un importante strumento di diplomazia con cui realizzare obiettivi di collaborazione e cooperazione internazionale. Inoltre, presso il Centro è prevista la creazione di un “International Center for Space Education in Africa”, in applicazione degli obiettivi di sviluppo definiti dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Il 15 marzo 2023 per la prima volta il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto visita al Centro Luigi Broglio, alla presenza del Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Giorgio Saccoccia, del Ministro della Difesa keniano Aden Bare Duale e del Presidente dell’Agenzia Spaziale del Kenya, il generale James Aruasa.
Per il futuro l’Italia ha intenzione, attraverso il BSC, di intensificare ulteriormente la collaborazione scientifica e tecnologica con l’Africa, il che rappresenta un’ulteriore spinta per la corsa africana verso lo spazio.