Tutti ricordano di avere letto o sentito dire ai propri maestri delle elementari che la ricchezza dell’Antico Egitto era legata alle periodiche alluvioni del Nilo che ricoprivano il suolo del prezioso e fertile limo. Quasi nessuno si è invece soffermato sull’apparente contraddizione esistente tra i termini ricchezza e alluvione. Quelle del Nilo erano infatti alluvioni vere e proprie con straripamenti che potevano raggiungere alcuni metri di altezza e che distruggevano tutto ciò che incontravano al loro passaggio.
Allora come oggi, un’alluvione era un evento catastrofico, una vera e propria calamità che causava danni rilevanti e che, se non opportunamente controllata, avrebbe potuto distruggere l’economia dell’intera regione per molti e molti anni. Per minimizzare i danni, ogni qual volta era previsto l’arrivo di un’onda di piena, gli egiziani dovevano adottare complesse e lunghe misure precauzionali che coinvolgevano gran parte della popolazione e comprendevano il mettere in sicurezza i materiali deteriorabili spostandoli nei depositi che si trovavano nei piani più alti, muovere le mandrie e altri animali sulle alture vicine, rafforzare i picchetti che delimitavano i confini delle proprietà e così via. Non sorprende quindi che il compito più importante degli astronomi/sacerdoti egiziani fosse quello di prevedere l’arrivo delle piene del Nilo.
Come facevano gli antichi egizi a prevedere le piene del Nilo?
Già in epoche molto remote, gli egiziani si erano infatti accorti che l’evento era preceduto dalla cosiddetta levata eliaca di Sirio cioè dal sorgere pressoché simultaneo del Sole e della stella Sirio, la più brillante della sfera celeste. Ora, chiunque abbia una minima familiarità con la disposizione delle stelle sulla sfera celeste sa che Sirio si trova quasi esattamente sulla linea ideale che congiunge le tre stelle della cintura di Orione. Ciò fa sì che queste tre stelle abbiano la loro levata eliaca circa un mese prima di Sirio. Quindi, quando si avvicinava il periodo giusto, gli astronomi iniziavano a guardare ogni mattino verso est e quando vedevano la cintura di Orione levarsi con il Sole, avvertivano le autorità che occorreva iniziare a prepararsi per l’inondazione.
Sirio: una stella speciale nelle culture mesopotamiche
Fu proprio per questo importantissimo ruolo sociale, e per il legame speciale che sembrava esserci con il fiume Nilo, che Sirio e la costellazione di Orione divennero estremamente importanti nella cosmologia e nella teologia egizie. Questo ruolo speciale di Sirio si trasmise anche a molte culture dell’area mesopotamica. Per esempio, nelle culture indoiraniche, Sirio o Tystria, era considerata il capo dell’armata stellare e veniva anche chiamata Liberatore delle Acque. Secondo un mito che risale almeno al X secolo avanti Cristo, dopo avere trascorso dieci giorni sotto le sembianze di un fanciullo quindicenne e altri dieci sotto forma di un toro dalle corna d’oro, Sirio si trasformava in un cavallo bianco con la criniera d’oro e sotto tale forma si scagliava contro il demone Apaosa: un orribile cavallo nero che impediva alle acque del mare Vourukasa di fluire. Dopo una lunga battaglia e con l’aiuto del dio supremo Ahura Mazda, Sirio sconfiggeva il nemico che si allontanava lasciando libero il mare di spandersi sulle terre degli uomini.
