Il David Bowie che con sguardo elettrico, capelli arancioni e tuta argentata canta le sue fantasie spaziali è una immagine perfetta. Un essere mezzo astronauta e mezzo alieno come lui incarnava le aspettative e le irrequietezze di una umanità che alla fine degli anni ’60 si era appena affacciata da protagonista nel cosmo. Come non condividerle?
Il David Bowie che con sguardo elettrico, capelli arancioni e tuta argentata canta le sue fantasie spaziali è una immagine perfetta. Un essere mezzo astronauta e mezzo alieno come lui incarnava le aspettative e le irrequietezze di una umanità che alla fine degli anni ’60 si era appena affacciata da protagonista nel cosmo. Come non condividerle? La progressione dell’era spaziale era stata impressionante: nel giro di una dozzina di anni si era passati dal lanciare una palla di metallo in orbita bassa circumterrestre, a raggiungere la Luna – mille volte più lontana – con tre uomini a bordo di una vera e propria astronave. Si fosse tenuto quel ritmo oggi avremmo voli di linea Terra-spazio, stazioni orbitanti, colonie lunari e Marte già da tempo conquistato. Per quanto grande e inaspettato sia stato il successo dell’esplorazione automatica del Sistema Solare, che ha dato un volto e una storia alla miriade di pianeti, satelliti, asteroidi e comete che lo popolano, quel futuro mancato – e così magistralmente cantato – ancora brucia nel nostro immaginario. Paragonare la fotografia del razzo Soyuz di Yuri Gagarin con quella del medesimo vettore che oggi garantisce i collegamenti con il nostro solo avamposto nello spazio, la Stazione Spaziale Internazionale, è impietoso.
Lo spirito visionario del passato
Eppure da qualche tempo cresce la voglia di ritrovare lo spirito visionario del passato. Abbiamo da poco visto un razzo tornare indietro dopo aver lanciato il suo prezioso carico e scendere lentamente in una nuvola di fumo fino a toccare terra nella stessa posizione verticale da cui era partito. Merito di Space-X la compagnia privata di Elon Musk, uno che di immaginazione ne ha da vendere: dopo aver inventato Paypal ha investito i soldi guadagnati lanciandosi in imprese pionieristiche, dalla auto elettrica Tesla alla sua piccola agenzia spaziale.
La NASA dal canto suo ha appena ridisegnato le rotte per l’esplorazione: Journey to Mars descrive i passi necessari per raggiungere il Pianeta rosso miscelando le acrobazie a cui ci hanno abituato le sonde interplanetarie alle esigenze del volo umano. La prima mossa è immaginifica: andare a prelevare un masso dalla accidentata superficie di un asteroide per parcheggiarlo nelle vicinanze della Luna. Una volta lì sarà raggiunto dagli astronauti a bordo della nuova capsula americana Orion.
Le esplorazioni europee
Quanto al vecchio continente, il recente avvicendamento al vertice dell’Agenzia Spaziale Europea ha portato una ventata di novità, tra cui il desiderio di trovare un obiettivo condiviso e voluto da tutti i paesi membri – notoriamente punto debole delle esperienze comunitarie. Il progetto si chiama Moon Village – una base permanente sul nostro satellite naturale. E’ una sfida antica e complicata se non ci si limita a un soggiorno lampo (durante le missioni Apollo gli astronauti si fermavano appena qualche giorno): bisogna sopravvivere alle gelide notti lunari lunghe quasi due settimane, sperare di trovare l’acqua in grandi depositi ghiacciati di origine cometaria, cercare nel sottosuolo un riparo dalle radiazioni che colpiscono incessantemente la superficie del nostro satellite. Ma abbiamo ottime idee e nuove tecnologie per potercela fare: dagli assistenti robotici alle stampanti 3D, dalle infrastrutture gonfiabili agli ascensori spaziali. Insomma, tutte stranezze che il Bowie/Ziggy Stardust avrebbe sicuramente trovato il modo di cantare.
[Immagine: credit ESA]
