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03 Gen 2017

Un Nobel alle comete?

Ettore Perozzi

Ettore Perozzi
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Il Nobel a Bob Dylan ha rappresentato un improvviso allargamento degli orizzonti, una contaminazione tra diversi generi letterari, l’entrata del songwriting dalla porta principale della cultura mondiale. Un evento epocale che ha lasciato letteralmente senza parole anche una raffinata interprete come Patti Smith – tradita dall’emozione durante il cerimoniale. Una scelta che ha fatto molto discutere, come sempre succede quando si infrangono tradizioni consolidate. E’ ciò che in campo astronomico vediamo accadere nel caso degli asteroidi e delle comete, le cui definizioni un tempo così nette attraversano oggi una crisi profonda.

Il Nobel a Bob Dylan ha rappresentato un improvviso allargamento degli orizzonti, una contaminazione tra diversi generi letterari, l’entrata del songwriting dalla porta principale della cultura mondiale. Un evento epocale che ha lasciato letteralmente senza parole anche una raffinata interprete come Patti Smith – tradita dall’emozione durante il cerimoniale. Una scelta che ha fatto molto discutere, come sempre succede quando si infrangono tradizioni consolidate. E’ ciò che in campo astronomico vediamo accadere nel caso degli asteroidi e delle comete, le cui definizioni un tempo così nette attraversano oggi una crisi profonda.

 

Gli asteroidi: una definizione difficile

Negli asteroidi – corpi rocciosi confinati inizialmente nella cosiddetta fascia principale, tra le orbite di Marte e Giove – sono confluite altre popolazioni, diverse per origine e per natura. Ad esempio i Troiani che condividono l’orbita di Giove, i Centauri che si aggirano tra i pianeti esterni, e i Transnettuniani, la sterminata popolazione di corpi celesti ghiacciati che si trovano oltre l’ultimo dei pianeti. Lo stesso vale per le comete, gli iceberg spaziali che non sembrano più avere l’esclusiva di essere circondati da una nube di gas e polveri generata dalla violenta sublimazione del ghiaccio.

 

A complicare ulteriormente la situazione ci ha pensato la meccanica celeste, svelando i legami “parentali” tra i piccoli corpi del sistema solare. Dai transnettuniani, ad esempio, discendono molte comete, soprattutto quelle di corto periodo. Come classificare allora un piccolo oggetto ghiacciato che orbita (e orbiterà ancora per molto tempo) troppo lontano dal Sole perché sia riscaldato a sufficienza da sviluppare chioma e coda? Oppure una cometa che per essere passata troppe volte vicino al Sole si è inaridita al punto da non mostrare più alcun segno di “accensione”? Si tratta di asteroidi ghiacciati o di comete inattive? La comunità astronomica ha optato per un sano pragmatismo: tutto ciò che non mostra né ha mai mostrato tracce di attività cometaria deve essere considerato un asteroide.

Salvo tramutarsi in cometa al primo segno di emissioni di gas e polveri – come successo all’asteroide 2007 VA85, un oggetto dall’orbita fortemente eccentrica che però ha dovuto attendere anni per vedersi riconosciuto lo status di cometa (oggi catalogata con il nome 333/P LINEAR). O come nel caso di insospettabili asteroidi che pur orbitando ben dentro la fascia principale mostrano una attività cometaria intermittente e che per questo vengono chiamati “main-belt comets” ovvero “comete di fascia principale”.

 

Non si tratta di un problema puramente accademico o di uno sterile incaponirsi in questioni tassonomiche. L’acqua, in tutti i suoi stati, pervade il sistema solare e ha un ruolo fondamentale nell’origine e nello sviluppo della vita come la conosciamo. Dato che il nostro pianeta non sarebbe stato in grado di produrne in quantità tali da giustificare l’attuale estensione degli oceani, ci si è rivolti al cielo per ricercarne la provenienza.

 

La missione Castalia

Ovviamente le comete, per la loro natura di enormi blocchi di ghiaccio, sono le candidate ideali. Una ipotesi che sembra invece smentita dalle misure più recenti, incluse quelle effettuate dalla sonda Rosetta sulla cometa Churyumov-Gerasimenko. Il ghiaccio cometario non sembra avere un rapporto isotopico (cioè tra le molecole d’acqua “normali” e quelle in cui l’idrogeno è presente nella sua variante “pesante” – il deuterio) compatibile con quello misurato negli oceani terrestri. Alla ricerca di una soluzione alternativa ci si è rivolti allora proprio agli asteroidi-comete, che potrebbero celare al loro interno grandi quantità di ghiaccio. Alla prossima selezione per missioni scientifiche dell’Agenzia Spaziale Europea verrà dunque proposto di inviare una sonda per studiare da vicino una cometa di fascia principale. Alla missione è stato dato un nome che richiama lo spirito dei Nobel: “Castalia” è un tributo alla ninfa trasformata da Apollo nella fonte sacra alle Muse.

 

[Immagine: credit ESO]

Ettore Perozzi
Ettore Perozzi
Laureato in Fisica, si occupa professionalmente di scienze planetarie, missioni spaziali e divulgazione scientifica. Ha scritto articoli e libri di astronomia per ragazzi e per il grande pubblico. E’ socio fondatore della libreria asSaggi. L’asteroide n. 10027 porta il suo nome.
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