Uno dei maggiori problemi che si incontrano fotografando è rappresentato dalla gamma dinamica, detta anche rapporto di contrasto.
Con questo termine mi riferisco a due cose differenti:
1- Il range di luminanza che il sensore della nostra fotocamera è in grado di registrare.
2- L’intervallo dinamico della scena che andiamo a fotografare.
La gamma dinamica del sensore
I fotositi del sensore non hanno una capacità infinita di assorbire fotoni. Durante il tempo di esposizione, questi assorbono fotoni fino a un livello di saturazione oltre il quale non possono andare. Il rapporto tra il massimo e il minimo segnale elettrico che può emettere un fotosito rappresenta la gamma dinamica del sensore.
In un sensore di buona qualità il rapporto di contrasto è di circa 16 000 : 1, equivalente a 14 stop (214 = 16 384).
La gamma dinamica della scena
In una qualsiasi scena, ci sono sempre un punto che appare come il più chiaro, che definiamo punto di luce, e uno che appare come il più scuro, il punto d’ombra. La gamma dinamica è il rapporto tra la luminanza del punto di luce e quella del punto d’ombra. La luminanza si esprime in candele/m2 (cd/m2).
Il punto più luminoso di un’auto esposta al sole di mezzogiorno potrebbe emettere una luminanza di 50 000 cd/m2. Una parte nera della gomma dell’auto stessa, all’ombra, può emettere solo 0,5 cd/m2. Il rapporto di contrasto sarebbe 100 000 : 1.
Molto spesso la differenza di luminanza fra il punto di luce e il punto d’ombra è molto grande. Il nostro sistema visivo non ha grandi problemi, ma il sensore della fotocamera può non registrarla correttamente.
Nella figura in alto, in grigio è riportata la gamma dinamica di una scena pari a 20 stop. A sinistra ci sono le ombre, a destra le luci. In viola, invece, la gamma dinamica di un sensore pari a 12 stop.
Istintivamente si potrebbe pensare di regolare l’esposizione mantenendosi al centro del range dinamico della scena (primo caso).
Come evitare in una foto le “luci bruciate”?
Questa scelta porterebbe al clipping delle alte luci, cioè quelle che chiamiamo “luci bruciate”. Significa che i fotositi in quelle zone raggiungerebbero la saturazione. Questa scelta sarebbe sensata solo se le zone particolarmente luminose non avessero alcuna importanza nella fotografia che otterremo, perché in post-produzione non sarebbe possibile recuperarle in alcun modo.
Avremo anche delle ombre piuttosto scure, ma che potremo schiarire (recupero delle ombre) con la post-produzione.
La terza ipotesi porterebbe a una corretta esposizione dalle ombre fino ai mezzi toni, ma più ampie zone in luce risulteranno bruciate.
La foto qui sopra mostra una scena ad alto range dinamico che ho esposto in modo da avere una piccolissima zona in clipping. Quindi ho esposto a favore delle luci perché hanno una grande importanza in questa fotografia.
In post produzione ho ripristinato la gamma dinamica recuperando le ombre e parte dei mezzi toni, come si vede nell’immagine seguente.
Ci sono alcune ombre che non ho potuto recuperare perfettamente. Tuttavia, in questo caso, non sono dettagli importanti. Ciò che volevo rappresentare con questo scatto, era la bellezza del cielo su questo scorcio di paesaggio, per cui era fondamentale per me non avere vaste zone di alte luci irrecuperabili.
Un vantaggio di fotografare in digitale è che possiamo controllare l’istogramma e il clipping. Se quest’ultimo si è verificato, possiamo eseguire un nuovo scatto riducendo l’esposizione.
È bene osservare che il lavoro fatto sullo scatto mostrato è stato possibile unicamente perché l’ho eseguito sul raw. Su un file jpeg non ci si può spingere fino a questi livelli di correzione.
Infine, quando la scena da riprendere è ad altissimo rapporto di contrasto e si ha la necessità di ottenere sia luci che ombre ben leggibili, è necessario ricorrere a una tecnica definita HDR (High Dynamic Range) che consiste in una serie di scatti a differenti esposizioni, fusi in un’unica immagine mediante un software apposito.