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19 Ott 2022

Non c’è solo il “Bayer”

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Come abbiamo visto in precedenti articoli, i sensori sono costituiti da fotositi (l’elemento sensibile è un fotodiodo) il cui compito è quello di “immagazzinare” fotoni durante l’apertura dell’otturatore. In realtà ogni fotone libera un elettrone, e sono questi che vengono immagazzinati e poi contati.
Si ottengono informazioni solo sulla “quantità” di luce che ha colpito i singoli fotositi, ma non sul colore, per questo i sensori sono monocromatici.
Come abbiamo visto qui, il colore si ricava dopo aver effettuato lo scatto, mediante la demosaicizzazione, resa possibile dal filtro di Bayer applicato sul sensore. Questa procedura porta a immagini poco nitide (ma non solo) e si rende quindi necessaria la maschera di contrasto per migliorare la nitidezza apparente.
È così per la quasi totalità delle fotocamere digitali salvo alcune eccezioni.

 

Come ottenere fotografie in bianco e nero

Il sensore, essendo monocromatico, consente di ottenere fotografie in bianco e nero senza applicare il filtro di Bayer. In questo caso non dobbiamo eseguire la demosaicizzazione con la conseguente perdita di nitidezza.
Di fatto, però, pochissimi sono interessati ad avere solo fotografie in bianco e nero. Per questa nicchia di utenza esiste solo una fotocamera prodotta dalla Leica, il modello “Monochrom”. Quindi la nitidezza delle fotografie che produce è massima. Immagini ad altissimo livello con due sole limitazioni: il prezzo non accessibile a chiunque e l’impossibilità, in postproduzione, di schiarire o scurire determinati colori.
Un classico esempio è quello del cielo in cui, agendo sul canale del blu, possiamo ottenere cieli più drammatici. Un altro esempio è la possibilità di schiarire la pelle nei ritratti agendo sul canale del rosso.

 

Quando il filtro di Bayer non serve

Un’altra eccezione, rispetto al filtro di Bayer, è rappresentata dai sensori “Foveon”, prodotti dalla Sigma e montati unicamente su proprie fotocamere.
In questo caso otteniamo direttamente file codificati in RGB, quindi senza effettuare la demosaicizzazione.
Il principio di costruzione del sensore Foveon ricorda quello della pellicola a colori perché è a strati, ogni strato è sensibile a un colore.  
Ogni fotosito è costituito da tre fotodiodi sovrapposti: ognuno, grazie al filtro applicato sopra, seleziona e legge una delle tre componenti della luce, nell’ordine, blu, verde e rossa.
Il risultato è un’immagine raster in RGB. Anche in questo caso otteniamo foto nitidissime, ma non solo.
Torniamo alla demosaicizzazione del “Bayer” per fare una considerazione. Di ciascun pixel dell’immagine solo uno dei tre canali è stato ottenuto da una misurazione, gli altri due canali li ricaviamo con un algoritmo partendo dalle letture effettuate dai fotositi adiacenti, pertanto sono ottenuti in maniera approssimata.
Poi, in postproduzione, dobbiamo migliorare la qualità dell’immagine agendo su contrasto, saturazione e quant’altro. Infine, ci occupiamo di migliorare la nitidezza apparente.
Con competenze adeguate otteniamo ottimi risultati, ma bisogna lavorarci.
Con il Foveon non abbiamo questi problemi.

 

 

Con sensori di dimensioni APS-C, siamo intorno ai 23,6 per 15,6 mm, otteniamo immagini paragonabili a quelle dei sensori di medio formato con filtro di Bayer, di fotocamere professionali ad alta definizione.
In questo caso le fotocamere hanno costi piuttosto contenuti, accessibili anche ai fotoamatori, ma ci sono dei limiti. Si può lavorare solo a bassi ISO e il processo di produzione del file è lento, richiede diversi secondi, non è compatibile con esigenze di scatti a raffica.
Le fotocamere con questo tipo di sensore danno risultati eccellenti, tuttavia richiedono grande competenza, pertanto sono destinate a professionisti e a pochi fotoamatori.

 

Immagine di copertina: copyright Peachyeung316 – Wikimedia

Sergio Nuzzo
Sergio Nuzzo
Tecnico elettronico, ha iniziato la carriera lavorativa nell’ambito della strumentazione scientifica, lavorando per due delle più importanti aziende a livello mondiale, in veste di Field Service Engineer. Dal 1994 è Collaboratore Tecnico dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici, sede di Bari, del Consiglio Nazionale delle Ricerche.Fotoamatore fin da giovanissimo, sviluppa particolare interesse per la scienza e la tecnologia della fotografia digitale. Grazie alle conoscenze acquisite con i suoi studi, con l’autorizzazione del suo Ente, ha collaborato con un’importante azienda del settore fotografico, tenendo corsi e lezioni aperte per fotografi professionisti.
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