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08 Ott 2018

Neanderthal: più sarti che muratori

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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Lo stereotipo costruito con il passare degli anni intorno agli uomini di Neanderthal è quello di ominidi piuttosto nerboruti, adatti ad attività in cui è richiesta forza più che precisione. Questa interpretazione, supportata in parte dai ritrovamenti in cui è possibile osservare un’ossatura delle mani piuttosto robusta, sta iniziando a vacillare grazie alle nuove indagini archeologiche, le quali forniscono indizi di un comportamento culturale più sofisticato di quanto ci aspettassimo. Sembra, infatti, che gli individui di Homo neanderthalensis fossero “più sarti che muratori”. Cosa significa questa affermazione? Scopriamolo a partire da un articolo recentemente pubblicato su Science Advances.

Lo stereotipo costruito con il passare degli anni intorno agli uomini di Neanderthal è quello di ominidi piuttosto nerboruti, adatti ad attività in cui è richiesta forza più che precisione. Questa interpretazione, supportata in parte dai ritrovamenti in cui è possibile osservare un’ossatura delle mani piuttosto robusta, sta iniziando a vacillare grazie alle nuove indagini archeologiche, le quali forniscono indizi di un comportamento culturale più sofisticato di quanto ci aspettassimo. Sembra, infatti, che gli individui di Homo neanderthalensis fossero “più sarti che muratori”. Cosa significa questa affermazione? Scopriamolo a partire da un articolo recentemente pubblicato su Science Advances.

 

I Neanderthal, vissuti in Europa occidentale in un periodo compreso tra i 400.000 e i 40.000 anni fa, sono stati spesso ritratti come fisicamente robusti e in grado di utilizzare questa forza per produrre strumenti in pietra. Al contrario, nella loro nuova “cassetta degli attrezzi”, gli uomini moderni possedevano l’uso sistematico di una manualità di precisione. Un nuovo metodo sembra aver chiarito che la situazione non fosse propriamente questa.
Alexandros-Fotios Karakostis, autore della ricerca pubblicata su Science Advances, ha spiegato nel comunicato stampa dell’Università di Tubinga (Germania): “Nel nostro studio siamo stati capaci per la prima volta di collegare con successo gli indizi anatomici conservati negli scheletri umani fossili con le prove archeologiche, fornendo una comprensione più completa del comportamento degli esseri umani estinti”.

 

Gli scienziati sono riusciti a rivalutare le abilità di manipolazione dei Neanderthal e dei primi uomini moderni combinando l’esame di un campione storico di individui di riferimento e analizzando i punti di attacco dei muscoli delle mani con una nuova tecnica. Di cosa si tratta esattamente?

 

Le entesi sono le cicatrici lasciate dai muscoli nel luogo in cui erano attaccati alle ossa e sono gli unici segni scheletrici associati al sistema muscolo-tendineo. La loro forma riflette gli stress biomeccanici e le attività quotidiane. Precedentemente lo studio delle entesi in ambito archeologico-antropologico aveva rivelato alcuni limiti dovuti alla bassa ripetibilità delle misurazioni e alla mancanza di un’analisi statistica rigorosa. La nuova sperimentazione poggia, invece, sull’analisi in 3D della forma delle entesi, su un campione di confronto molto ben documentato e unico e su una diversa elaborazione statistica.

 

La variabilità della forma delle entesi è principalmente dovuta a complesse interazioni tra la degenerazione a cui vanno incontro le ossa con l’invecchiamento e l’attività fisica che si svolge quotidianamente per lungo tempo. Per capire quali fossero esattamente i segni distintivi tra mani che hanno svolto compiti di precisione e mani che si sono dedicate ad attività basate sulla forza, è stato dapprima analizzato un campione di riferimento molto particolare: parte della collezione Basel-Spitalfriedhof collection, collocata nel Natural History Museum di Basilea (Svizzera) e che consiste di 45 individui di cui sono documentati nel dettaglio i profili biologici, medici, genealogici e l’occupazione a lungo termine. Uno studio precedente sullo stesso campione aveva già trovato un’associazione stretta tra il lavoro svolto e la presenza di determinati segni lasciati dai muscoli sulle ossa delle mani.

 

Gli indizi di prese di forza erano propri di resti di persone che in vita avevano svolto lavori pesanti in ambito edilizio (muratori, tagliapietre e carpentieri) mentre nel sottogruppo della manualità di precisione vi erano coloro che si erano dedicati ad attività di bassa intensità fisica (tra cui sarti, calzolai, falegnami per serramenti, un tintore di seta, uno scrittore, un pittore). Le entesi delle ossa delle mani di questi individui sono state esaminate con cura attraverso una scansione 3D delle stesse che ha evidenziato particolari pattern legati all’occupazione.

 

Neanderthal Entesi Manualita

 

Posizioni dei punti di attacco dei muscoli per una presa di forza (rosa) e una presa di precisione (blu). Credits: Senckenberg

 

Come è mostrato nell’immagine, una presa di precisione richiede un’abile manipolazione attuata da indice e pollice – come quando scriviamo con una penna o impugniamo un pennello per dipingere – mentre una presa di forza coinvolge maggiormente pollice e mignolo. Come abbiamo già detto, ogni presa produce una serie di entesi distintive, segni che sono stati ricercati nelle ossa fossili delle mani di Homo neanderthalensis e dei primi Homo sapiens del medio e tardo Pleistocene europeo, dell’Asia occidentale e, in un caso, del Nord Africa. Entrambi i gruppi erano rappresentati da 6 individui.

 

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Cosa è stato scoperto? Nessuna delle mani dei Neanderthal esaminati ha mostrato prove di manualità basata sulla forza. Katerina Harvati del Senckenberg Centre for Human Evolution and Palaeoenvironment, presso l’Università di Tubinga e autrice della ricerca ha commentato: “Noi rifiutiamo, quindi, l’idea comune di Neanderthal sgraziato e potente. Come i moderni uomini, i Neanderthal erano capaci fabbricatori e utilizzatori di strumenti, che usavano movimenti di mani e dita delicati e precisi nelle loro attività quotidiane”. Altre informazioni provengono dalle mani degli Homo sapiens, con tracce di uso sistematico di entrambe le modalità di manualità, a supporto dell’ipotesi per cui la divisione del lavoro si è intensificata per la prima volta nel Paleolitico superiore.

 

Alla luce dei ritrovamenti archeologici – mostrati anche nel video di Science – in cui è possibile osservare strumenti in pietra piccoli e ben scolpiti, non ci dovrebbe stupire pensare ai Neanderthal attenti e precisi nei movimenti. Anche altre ricerche hanno sottolineato che non sono quei cugini grandi, grossi e impacciati che immaginavamo. Finalmente, con le nuove tecnologie a nostra disposizione, sarà possibile stabilire un legame solido tra i resti biologici e quelli archeologici e in futuro racconteremo altri frammenti di una storia di cui c’è ancora molto da svelare.

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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