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04 Feb 2019

Restaurare il contemporaneo: Roy Lichtenstein e il progetto NANORESTART

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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Quasi sempre leghiamo la parola “restauro” a un mondo di opere di un passato remoto, le cui forma e sostanza, estetica e materia, sono state offese dall’incedere costante del tempo. Non immaginiamo, ad esempio, che anche dipinti realizzati solo poco più di cinquanta anni fa necessitino di una cura di bellezza. Anche un capolavoro come “Whaam!” di Roy Lichtenstein, composto da materiali artificiali di fattura recente, ha bisogno di essere pulito. Come? I nanomateriali ci hanno messo lo zampino.

Quasi sempre leghiamo la parola “restauro” a un mondo di opere di un passato remoto, le cui forma e sostanza, estetica e materia, sono state offese dall’incedere costante del tempo. Non immaginiamo, ad esempio, che anche dipinti realizzati solo poco più di cinquanta anni fa necessitino di una cura di bellezza. Anche un capolavoro come “Whaam!” di Roy Lichtenstein, composto da materiali artificiali di fattura recente, ha bisogno di essere pulito. Come? I nanomateriali ci hanno messo lo zampino.

 

Roy Lichtenstein (1923-1997) è stato uno degli artisti americani più innovativi e importanti della seconda metà del XX secolo. Ideatore ed esponente della Pop Art, conosciuto almeno quanto Andy Warhol, ha prodotto dipinti basati su scene riprese da strisce di fumetti e pubblicità, riprodotte con uno stile che imitava il processo di stampa impiegato per i giornali. Tra queste opere figura anche “Whaam!”, conservata negli spazi della Tate Gallery di Londra: è composta da due tele delle dimensioni di poco più di un metro e mezzo di altezza e due di larghezza, su cui l’autore ha dipinto con tecnica mista (adoperando cioè differenti tipologie di pigmenti e leganti) un’immagine “rubata” da un fumetto. Il soggetto è un caccia americano che spara un razzo contro un altro aereo, sovrastato da un onomatopeico “Whaam!” in giallo. Lo stesso colore fa da sfondo al testo trascritto in una nuvola da cartoon, “I pressed the fire control…and ahead of me rockets blazed through the sky…”. La giovane età e i materiali di sintesi non hanno, però, salvato il lavoro di Lichtenstein dal trascorrere degli anni.

 

Nei 50 anni passati tra la Tate Modern e i musei che hanno ricevuto in prestito l’opera, la sua superficie si è completamente ricoperta di polvere e presenta alcune impronte di dita (quindi piccoli depositi di grasso) sui bordi. Come procedere per la pulitura? Precedentemente alcuni restauratori avevano tentato l’impresa fallendo: i materiali per il restauro utilizzati in passato si mostravano non adatti in quanto le tre tipologie di colore usate dal pittore (alkyd, un particolare colore a olio ad asciugatura rapida, oli tradizionali e Magna, a base di resina acrilica) possedevano sensibilità diverse nei confronti dei più comuni solventi.
Fortunatamente il progetto NANORESTART ha reso possibile il primo trattamento di pulitura a umido di questo capolavoro.

 

Il progetto NANORESTART (NANOmaterials for the REStoration of works of ART – Nanomateriali per il restauro di opere d’arte), avviato nel 2015 nell’ambito del programma NMP (Nanosciences, nanotechnologies, Materials & new Production technologies) di Horizon 2020, ha come obiettivo la protezione e conservazione del patrimonio culturale europeo. In particolare, i ricercatori coinvolti hanno sviluppato materiali basati sulle nanotecnologie per assicurare la protezione a lungo termine e la fruizione continua di beni culturali moderni e contemporanei. Le peculiarità di queste nuove soluzioni sono l’attenzione all’ambiente e alla salute degli operatori e dei visitatori – grazie a specifiche formulazioni green – oltre che la fattibilità delle procedure e i costi contenuti.

 

Come è stata effettuata la pulitura senza danneggiare “Whaam!”? Sono stati dapprima realizzati modelli della superficie dipinta: stessa composizione chimica dei colori e vari stadi di invecchiamento simulati per testare (grazie al controllo con metodi analitici e di imaging) differenti soluzioni con diversi sistemi gel. Il “vincitore” è stato Peggy 6, un gel promettente che, prima di essere applicato sulla coppia di tele di Lichtenstein, è stato ulteriormente sperimentato per assicurarsi che non rilasciasse alcun tipo di sostanza dopo la rimozione. In seguito ad alcune misure di colore e patina (da svolgere anche in una fase successiva al restauro per accertarsi che il trattamento non abbia modificato lo strato pittorico) si è finalmente potuto procedere alla pulitura, terminata un anno fa, nel gennaio 2018. In questo video potrete assistere alla progettazione ed esecuzione di questo restauro “contemporaneo”.

 

{youtube}https://www.youtube.com/watch?v=8zCzIyN2QW8&feature=youtu.be{/youtube}

 

Immagine di copertina: Roy Lichtenstein e la sua opera, “Whaam!”. Credits: Wikimedia Commons

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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