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06 Feb 2017

Sotto una nuova luce

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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No, questa non è una rubrica monografica dedicata a Michelangelo Buonarroti. Ne scrivo ancora una volta perché una delle sue opere più importanti è sotto la luce dei riflettori in più di un senso.

 

No, questa non è una rubrica monografica dedicata a Michelangelo Buonarroti. Ne scrivo ancora una volta perché una delle sue opere più importanti è sotto la luce dei riflettori in più di un senso.

È terminato in gennaio il restauro della Tomba di Giulio II, conservata nella basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma. Il monumento è celebre per la statua del Mosè, così realistica che, secondo la leggenda, Michelangelo le chiese perché non parlasse. Si è trattato di un restauro molto particolare perché a essere preservata dall’azione del tempo non è stata la sola materia ma anche la luce. Cosa significa questo? Procediamo a piccoli passi.

 

TombaGiulioII Roma

Tomba di Giulio II, basilica di San Pietro in Vincoli, Roma. Fonte: Jörg Bittner Unna – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=46476408 (autore anche dell’immagine in copertina, modificata)

 

Nel 1505 papa Giulio II incaricò Michelangelo di realizzare il monumento funebre che lo avrebbe accolto per l’eternità. I lavori iniziarono solo quarant’anni dopo: era una struttura, completamente scolpita nel marmo, addossata a una delle pareti della basilica di San Pietro in Vincoli. Protagonista assoluto è il Mosè, imponente nei suoi 2 metri e 35 centimetri di pietra pulsante come vera carne.

I segreti tecnici della bellezza delle opere d’arte sono spesso svelati durante i grandi restauri, momenti in cui gli studiosi possono permettersi di spingersi oltre il limite spaziale normalmente consentito per l’osservazione di questi capolavori e possono finalmente toccare con mano oggetti che sembrano immortali per la loro storia ma che, effettivamente, riescono a eludere l’effetto inesorabile del Tempo proprio grazie agli interventi di conservazione.

 

È proprio così che Antonio Forcellino, restauratore e profondo conoscitore della vita e delle opere di Michelangelo, durante la pulitura – iniziata nel luglio scorso – ha scoperto che la finitura del Mosè e delle altre sculture realizzate dal Buonarroti avevano delle caratteristiche particolari. L’artista era solito dare la rifinitura finale una volta sistemate le statue nella posizione definitiva. Forcellino ha osservato la differente lavorazione delle parti della tomba: alcune sono lustrate, ossia lavorate con il piombo per ottenere una superficie che riflettesse la luce, altre sono trattate unicamente con la pietra pomice o anche solo con la gradina, mostrandosi opache a causa del marmo scabro.

 

gradina pietralavorata

La gradina e una superficie in pietra lavorata con questo strumento. Fonti: http://www.icvbc.cnr.it/didattica/petrografia/8.htm e http://igiardinidellarte.myblog.it/storia-dell-arte/la-tecnica/

 

Questa diversa lavorazione non è una casualità ma è il frutto di uno studio attento della luce che entrava nella chiesa e che avrebbe illuminato il monumento. Il tutto era stato progettato per avere una resa ben precisa e spettacolare. Purtroppo nel 1870 una delle finestre dell’edificio fu murata a causa della costruzione della Facoltà d’Ingegneria e l’assetto del XVI secolo andò così perduto. Gli studiosi hanno quindi pensato di procedere restaurando non solo la materia ma anche la luce. A quest’ultima fase dei lavori ha provveduto Mario Nanni, progettista esperto d’illuminotecnica, una disciplina che si occupa dell’illuminazione di ambienti, interni o esterni, combinando luce solare e artificiale e considerando molteplici punti di vista legati ad ambiti di ricerca quali l’architettura, l’elettrotecnica, non tralasciando il design, la fisiologia e persino la psicologia.

 

 

Time lapse realizzato riprendendo della tomba di Giulio II dopo il restauro. Il video mostra il cambiamento dell’illuminazione nell’arco di una giornata. Fonte: www.repubblica.it

 

Luci a led appositamente installate e un sistema informatizzato ora simulano la luce del sole nell’arco delle 24 ore, variando gradualmente e restituendo all’opera tutti quei giochi di luci e ombre che Michelangelo aveva immaginato al momento della progettazione e costruzione. Come avrete potuto osservare dal video, la magia del Maestro è tornata a risplendere sotto un’”antica” nuova luce.

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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