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11 Set 2023

Dialogo semiserio tra una fisica e un fisico sul film dell’anno

Elena Ioli e Giuseppe Mussardo

Elena Ioli e Giuseppe Mussardo
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In questa stimolante non-recensione, Elena Ioli e Giuseppe Mussardo ci raccontano le loro idee sul film Oppenheimer, diretto da Christopher Nolan, che sta avendo grande successo nelle sale cinematografiche, illustrandocene i pro e i contro in un dialogo acceso che mette in risalto opinioni diverse, ovviamente senza spoiler. Da leggere prima di andare al cinema o ancora meglio dopo, per riflettere e fare un’analisi critica e puntuale.

 

G: Allora, Elena, cos’è che non ti è piaciuto del film di Nolan?

E: Christopher Nolan ha firmato la regia di 11 film prima di questo, e alcuni dei miei preferiti hanno come titolo una parola sola: Following, Insomnia, Memento, Interstellar. Da poche settimane, è arrivato nelle sale l’atteso colossal Oppenheimer. Di nuovo una sola parola, ma stavolta sono perplessa. Esco dalla visione del film con la sensazione che manchi qualcosa, o più precisamente che mi manchi qualcosa che mi aspettavo di trovare. Mi ritrovo con tante parole, tanti discorsi giustapposti senza riuscire a tessere una trama. Come in un poema cavalleresco rinascimentale, pensiamo all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, la storia appare continuamente sospesa e legata a incastro in più discorsi intrecciati, che si dipanano davanti agli occhi dello spettatore. Quando la tecnica funziona, le singole storie, come fili continuamente pendenti e poi riacciuffati così da farne un intreccio colorato, disegnano alla fine una grande tela narrativa.

 G: Con tutti i limiti di voler portare sullo schermo una vicenda complessa e sparti-acque come quella della costruzione e dell’utilizzo della prima bomba atomica, il film di Nolan ha però il pregio di farci rivivere nello spazio di 180 minuti tutti i tormenti e le contraddizioni di una figura iconica della scienza come quella dell’enigmatico fisico statunitense, non trovi? Anche se vi sono qui e là alcune sbavature biografiche, delle vere e proprie crasi del linguaggio cinematografico (Oppenheimer, per dire, non ha mai avvelenato una mela e non l’ha mai lasciata in bella mostra sul tavolo di Blackett: questa storia l’aveva inventata lui stesso di sana pianta per avere la scusa di allontanarsi da un gruppo di amici durante una vacanza in Corsica. Scusa bizzarra? Certamente, ma i fisici sono bizzarri! Bisogna poi considerare che da giovane Oppenheimer ebbe dei seri problemi comportamentali, al limite della psichiatria…).

E: È anche vero che il cinema, per sua natura, chiede a noi spettatori di sottoscrivere implicitamente un patto narrativo con il regista. In Oppenheimer, la regia e il montaggio mi hanno portato ad affacciarmi ogni volta in una stanza diversa in cui sta accadendo qualcosa di significativo (gli anni giovanili in Europa, l’udienza di Lewis Strauss al Senato americano nel 1959, l’audit a porte chiuse per il rinnovo del nulla osta di sicurezza nel 1954 durante il maccartismo, gli amori di una vita, la realizzazione del progetto Manhattan a Los Alamos, ecc.). Porte che si aprono e si chiudono temporaneamente per poi riaprirsi di nuovo, ma in una successione che a tratti ho trovato poco fluida. Come tante pennellate che non sempre riescono a trasmettere una visione d’insieme. Tu che ne pensi?

G: Penso che la difficoltà maggiore dello spettatore è quella di seguire (senza perdersi!) tre diversi piani narrativi, relativi a vicende cronologicamente ben separate, come dicevi, benché strettamente intrecciate tra di loro:

 

a) l’udienza di conferma di Lewis Strauss di fronte al Senato americano per un posto governativo da lui molto ambito, vicenda che si svolge nel 1959;

b) l’audizione di Oppenheimer, quella in cui perse insieme al suo nulla osta anche tutta la sua influenza di policy maker sulle questioni nucleari, che accade nel 1954;

c) infine il piano narrativo intimo/biografico prima e durante il progetto Manhattan relativo a vicende che si svolsero a cavallo degli anni ’40.

 

Nolan usa l’audizione di Lewis Strauss per ricostruire, con flashback, parti importanti delle vicende precedenti riguardanti i punti (b) e (c): per chi non è addentro alla storia di Oppenheimer, c’è una probabilità finita di confondere l’audizione di Strauss con quella di Oppenheimer, creando nello spettatore dei cortocircuiti logici in realtà inesistenti, visti gli anni che separano una vicenda dall’altra.

 

E: Certo, la sfida di Nolan è veramente ardua, quella di voler portare sullo schermo una vicenda scientifica, politica e umana complessa e sfaccettata come la costruzione della bomba atomica durante la Seconda guerra mondiale, con gli Stati Uniti intenti a voler battere sul tempo la Germania nazista (ricordiamo che è del 1938 l’annuncio della scoperta della fissione nucleare in due articoli successivi, l’uno di Hahn e Strassmann, l’altro di Frisch e Meitner).

Mi è mancata la scienza, ma forse è nel titolo la rivendicazione del regista, quella di aver voluto realizzare un film su Oppenheimer, non sulla fisica della bomba atomica. La dimensione prettamente scientifica rimane sullo sfondo, è evocata da frasi sloganDio non gioca a dadi»), dalle apparizioni di scienziati iconici che rischiano di sembrare caricature stereotipate (Einstein il grande saggio che passeggia nei giardini dell’Institute for Advanced Study di Princeton, Heisenberg, algido e fin troppo elegante, Teller l’ungherese ribelle e dal carattere spigoloso). Di Oppenheimer cogliamo di volta in volta la genialità, i tormenti, i dubbi, la determinazione, le contraddizioni, ma una esplicita tridimensionalità delle emozioni e dei sentimenti è appannaggio solo delle due donne che lo amano, entrambe fuori dall’arena scientifica.

 G: È vero, nel film vi sono delle palesi sbavature: la prima, una rappresentazione un po’ macchiettistica del lavoro degli scienziati, riassunto in scene scontate, viste e riviste in tanti altri film aventi come soggetto cinematografico il mondo scientifico; la seconda, una scelta un po’ infelice e abbastanza incredibile di alcuni attori, in particolare Enrico Fermi, irriconoscibile, così come irriconoscibili sono anche Richard Feynman e Werner Heisenberg. Inoltre, nel caso dello scienziato italiano, c’è un’altra grande magagna: Fermi fu il vero grande volano scientifico del progetto Manhattan, ma Nolan gli assegna invece sorprendentemente solo un ruolo marginale, il Nostro fa solo delle apparizioni fugaci, dove pronuncia solo freddure da nerd.

E: Restano impresse le ipnotiche immagini di atomi, materia, esplosioni, fiammate, come una potente incursione all’interno di una mente, quella di Oppenheimer, che sappiamo essere geniale, bizzarra, ma che resta oscura, poiché non ci è permesso scrutarvi dentro…

G: Jeremy Bernstein, nella sua pungente biografia su Oppenheimer, si meravigliava come, un uomo così tormentato, avesse potuto fare scienza… Ma c’è, secondo me, un mistero ancora più profondo: riusciremo mai a comprendere le mille contraddizioni di Oppie? Pensa, l’uomo più intelligente al mondo costretto ad ammettere davanti alle incalzanti domande del procuratore Robb di essere stato “uno stupido”!

Infatti, c’era chi vedeva in lui uno scienziato superbo, un uomo dotato di enorme carisma e di un intelletto straordinario. Ma bisogna ricordare che c’era invece chi sottolineava la sua insopportabile arroganza, la sua fastidiosa supponenza, il suo egoismo, la sua incapacità di provare emozioni, la sua teatralità, l’imbarazzante sensazione di essere sempre in presenza di un attore intento a recitare la sua parte per il solo gusto di essere al centro della scena, incurante anche dei ruoli da interpretare, che potevano cambiare strada facendo, a seconda delle circostanze, e che potevano contemplare addirittura il tradimento degli amici, dei colleghi o del proprio Paese…

Nel film di Nolan si coglie in pieno tutto lo smarrimento dell’uomo ma rimane più aperta che mai la questione: “Chi era veramente J. Robert Oppenheimer?”.

 

Elena Ioli e Giuseppe Mussardo
Elena Ioli e Giuseppe Mussardo
Elena Ioli è una fisica teorica e ha un Master in Comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste. Giuseppe Mussardo è professore ordinario di Fisica Teorica alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste.
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