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08 Mar 2022

Il teatro per aiutare a combattere le malattie mentali

Gaetano Ranieri

Gaetano Ranieri
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Dopo un lungo periodo in cui la cultura è stata messa a dura prova dalla pandemia di Covid, sembra che l’attività dei lavoratori dello spettacolo sia ritornata oggi quasi alla normalità. Quanto l’arte potrà essere in grado di risollevare la società da questo periodo di profonda crisi?

 

Il ruolo ancestrale dell’arte: la catarsi

Sin dall’antichità, l’arte è sempre stata una costante fortemente connessa all’esistenza del genere umano, dalle pitture rupestri fino alle più complesse forme di arte multimediale. Nel corso della storia essa ha avuto modo di cambiare nell’aspetto, nel messaggio e nella modalità, senza mai perdere o modificare la sua ancestrale funzione, quella che Aristotele chiamava catarsi. Lo spettatore guardando una tragedia teatrale, come l’ascoltatore sentendo la musica o il lettore leggendo una storia, si immedesima nelle vite e nei personaggi raccontati, riuscendo così a “purificarsi” degli stati emotivi che lo opprimono nella vita di tutti i giorni.

 

Malattie mentali: gli effetti terapeutici del teatro

A suggerire questo ruolo costruttivo è uno studio condotto da una coppia di ricercatori su un progetto teatrale britannico e pubblicato poi sul Medical Humanities Journal con un titolo che potremmo tradurre come “Intrappolato nel labirinto: esplorare la malattia mentale attraverso la perfomance teatrale elaborata”. L’analisi mostra come fare teatro abbia degli effetti positivi, a volte sorprendenti, su alcuni soggetti con problemi mentali.
In particolare, due soggetti con problemi mentali, recitando dei monologhi (entrambi con due diverse versioni, quella del malato e del medico) sviluppati e presentati dal Community & Applied Drama Laboratory della Newman University, presso il Midlands Arts Center di West Midlands nel Regno Unito, avrebbero aumentato le loro capacità di interazione con il pubblico e il mondo esterno. Miglioramento dell’autostima e dell’etero-percezione, rafforzamento dell’identità: questi sono solo alcuni dei benefìci che hanno potuto trarre i soggetti dello studio. Anche tutta la parte relativa al laboratorio (training fisico e vocale, allestimento, ideazione scenica, stesura della drammaturgia) avrebbe spinto gli individui a tirar fuori o scoprire delle competenze latenti che non pensavano di avere. Rendersi conto di avere delle capacità, in un qualsiasi settore, allontana i soggetti dalla scarsa autostima, dalla fragilità e dall’acuirsi di patologie psichiatriche.

 

 

 

Un altro recente studio ha dimostrato l’efficacia dello psicodramma classico (migliore rispetto allo psicodramma di scena, diffuso in Cina) nei partecipanti affetti da depressione e ansia; è maggiormente efficace in casi di stati depressivi o ansiosi non diagnosticati rispetto a quelli clinicamente diagnosticati e ospedalizzati. Lo psicodramma è infatti una forma di psicoterapia in cui gli attori/pazienti, condividendo emozioni ed esperienze personali, mettono in scena i loro discorsi in rappresentazioni.

 

L’arte: un sostegno nel percorso di guarigione

Tuttavia, c’è chi ha mostrato un atteggiamento scettico nei confronti dei diversi studi che sottolineano l’efficacia del teatro nei disturbi mentali, in merito alla scarsità di basi scientifiche. Futuri studi potrebbero aiutare a chiarire meglio eventuali benefìci. Comunque, il tentativo è quello di adottare una nuova visione del malato e della malattia mentale. Può l’arte diventare parte integrante di un percorso di guarigione? E se la guarigione non è possibile, quanto l’arte è in grado di lenire il malessere dell’individuo, rallentare il decorso della malattia, migliorare la qualità della vita?

Gaetano Ranieri
Gaetano Ranieri
Laureato a Bari in Farmacia, lavora come informatore scientifico per un’azienda farmaceutica. È anche attore e storyteller. Si è avvicinato al mondo della divulgazione scientifica collaborando con alcune testate giornalistiche, con lo scopo di coniugare le sue passioni e la sua formazione.

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