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19 Nov 2021

Storia di Karapiru e della tribù Awà

Gaetano Ranieri

Gaetano Ranieri
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Ci sono casi di eventi che nel giro di pochissimo tempo portano dei cambiamenti radicali. La pandemia di Covid ne è un esempio lampante: sono nati nuovi stili di vita, nuove abitudini, il distanziamento sociale, lo smart working, la telemedicina, persino nuove forme di rivolte.
La pandemia ha intaccato soprattutto la vita nei Paesi del Terzo mondo, in particolare in popoli e piccole comunità che da secoli cercano di sopravvivere alla globalizzazione, circoscritti nel loro habitat naturale. È il caso della tribù amazzonica degli Awà.

 

Le conseguenze della società moderna sui cacciatori-raccoglitori

Gli Awá-Guajá (da Awà, persona, e Guajà, una delle lingue tupi-guaranì) sono tra le ultime tribù amazzoniche ancora esistenti. Insediati in Brasile, nella foresta amazzonica, sono circa 350 e la loro sussistenza si basa sulla caccia e la raccolta.
Si pensa che in passato questo popolo fosse sedentario, dedito alla coltivazione di manioca e cereali. Le invasioni da parte dei coloni spinsero gli Awà a fuggire per evitare di essere ridotti in schiavitù, diventando nomadi.
Negli anni ’70 del Novecento la scoperta di un’enorme miniera di ferro sui monti Carajás, nello Stato del Parà, in Brasile, da parte di geologi statunitensi, diede il via a una lunga serie di attività estrattive in quel luogo, con un conseguente impatto devastante sull’ambiente e sulle tribù insediate, tra cui gli Awà, da sempre collocate in una riserva dello Stato confinante, il Maranhão. Molti Awà furono avvelenati e uccisi.
Tra i membri della tribù si trovava Karapiru, che riuscì a salvarsi scappando dalle devastazioni e vagando da solo nella foresta per dieci anni. Dopo molto tempo riuscì a incontrare suo figlio, che credeva morto, ritornò nel villaggio di Tiracambu insieme al suo popolo, si risposò ed ebbe due figli, riuscendo a conservare ancora la propria identità culturale.
La sua vita e quella del suo popolo sono però sempre state minacciate da continui incendi, bande armate, vagoni merci che mettono in fuga gli animali. La serenità e la sopravvivenza dei popoli indigeni sono da decenni messe a dura prova dalle deforestazioni, e adesso anche dalla pandemia.

 

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Gli effetti della pandemia sulle popolazioni indigene

La malattia Covid-19 ha portato via Karapiru, insieme a Amoim Arukà, l’ultimo discendente maschio del popolo indigeno Juma, e Aritana Yawalapiti, che aveva contribuito a fondare il parco indigeno dello Xingu. Pezzi di storia, personalità importanti che nelle popolazioni indigene diventano dei punti di riferimento sociali, essenziali per mantenere in vita minoranze culturali come queste, che vanno salvaguardate. Organizzazioni come Survival International lavorano infatti per preservare i diritti dei popoli indigeni in tutto il mondo, cercando di proteggere le vite, le terre e i diritti umani dei popoli tribali.

 

 

Immagine di copertina: ©Fiona Watson/Survival International

Gaetano Ranieri
Gaetano Ranieri
Laureato a Bari in Farmacia, lavora come informatore scientifico per un’azienda farmaceutica. È anche attore e storyteller. Si è avvicinato al mondo della divulgazione scientifica collaborando con alcune testate giornalistiche, con lo scopo di coniugare le sue passioni e la sua formazione.
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