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24 Gen 2020

La matematica degli Incas: le cordicelle a nodi e la yupana

Bruno Jannamorelli

Bruno Jannamorelli
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I conquistatori spagnoli sbarcati nell’America del Sud subito dopo la “scoperta” di Colombo del 1492 rimasero certamente meravigliati dalla civiltà inca che occupava i territori dell’attuale Bolivia, del Perù e dell’Ecuador. Pur ignorando la ruota, la trazione animale e la scrittura (almeno rispetto a quella europea), gli Incas erano ingegnosi e si servivano di un sistema molto elaborato di cordicelle a nodi (quipu) per archiviare dati.

 

I conquistatori spagnoli sbarcati nell’America del Sud subito dopo la “scoperta” di Colombo del 1492 rimasero certamente meravigliati dalla civiltà inca che occupava i territori dell’attuale Bolivia, del Perù e dell’Ecuador. Pur ignorando la ruota, la trazione animale e la scrittura (almeno rispetto a quella europea), gli Incas erano ingegnosi e si servivano di un sistema molto elaborato di cordicelle a nodi (quipu) per archiviare dati.

 

I quipu: cosa sono e come si usavano

 

 

Il quipu – nella lingua degli Incas significa “nodo” – era costituito da una piccola fune alla quale erano legate tante cordicelle lunghe una cinquantina di centimetri. Su ogni cordicella venivano rappresentati numeri secondo il principio della base decimale, praticando una sequenza di nodi a livelli diversi:

  • il livello più basso era riservato alla rappresentazione delle unità (cinque nodi indicavano 5 unità);
  • il livello successivo andando verso l’alto era quello delle decine (tre nodi a questo livello indicavano 3 decine);
  • così via procedendo verso l’alto.

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Fig. 1 Rappresentazione su una cordicella di un quipu inca del numero 4235

 

In ogni città o villaggio dell’impero degli Incas vi erano funzionari, detti quipucamayoes (“guardiani dei nodi”), incaricati di registrare su quipu le nascite, i matrimoni, i decessi, i giovani idonei alle armi oppure l’inventario delle risorse e altri dati utili all’amministrazione locale.

 

Erano funzionari di governo importanti e godevano di uno status sociale elevato. La scritta in alto di uno dei sette disegni dedicati ai quipucamayoes del peruviano Guanam Poma de Ayala, che si trovano in una lettera di 1179 pagine spedita al re di Spagna attorno al 1600, indica che la persona che ha in mano il quipu è addirittura il Segretario dell’Inca e del suo Consiglio.
                                            

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Fig. 2 Un quipucamayu inca alle prese con un quipu

 

Il colore delle cordicelle di uno stesso quipu variava a seconda del tipo di informazione che forniva:

  • il colore bianco era riservato all’inventario degli ovini o caprini;
  • il verde ai bovini e così via.

La prima cordicella a destra di colore verde indicava il numero di tori, la seconda il numero di vacche da latte, poi le vacche sterili e infine i vitelli. Questa era la classificazione che ancora nel XIX secolo veniva praticata dai pastori degli altipiani del Perù o della Bolivia.

 


Dal quipu al chiumpu

 

Un’evoluzione del quipu, tuttora in uso presso gli indios della Bolivia e del Perù è il chimpu. Le singole cordicelle del quipu sono state sostituite con un fascio di cordicelle sottili: tre nodi su una sola cordicella del fascio indicano 3 unità, tre nodi su due cordicelle simboleggiano invece 3 decine, cinque nodi su tre cordicelle rappresentano 5 centinaia e così via. I vari nodi si trovano a diversi livelli come nel quipu ma il numero di cordicelle sulle quali si eseguono i nodi mostrano con maggiore chiarezza l’ordine decimale corrispondente.

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Fig. 3 Il chimpu

 


La matematica antica nel mondo: Cina, India, Asia e America

 

La numerazione con l’impiego di cordicelle a nodi non è un’esclusiva degli Incas.

 

Sistemi analoghi sono stati utilizzati anche dagli esattori Palestinesi, i pubblicani, nel II secolo d.C. come pure dagli Arabi, dai Cinesi già nel 500 a.C., dai Siberiani, dagli Africani della Nigeria, dagli Indiani d’America. Ancora alla fine del secolo scorso i mugnai tedeschi si servivano di cordicelle a nodi per registrare i commerci di grano con i contadini o di farina con i fornai.

 

In alcuni villaggi dell’India abitati da analfabeti, il censimento della popolazione nel 1872 è stato fatto distribuendo a ogni famiglia quattro cordicelle di colori diversi. Sulla cordicella nera andavano fatti tanti nodi quanti erano gli adulti maschi della famiglia, su una rossa venivano registrate le donne adulte, su una bianca i ragazzi e su una gialla le ragazze: il sistema delle cordicelle a nodi era quindi un metodo popolare ben noto a coloro che non sapevano scrivere.

Come calcolavano gli Incas: la yupana

 

 

Sulla corda principale di un quipu si trovavano spesso corde che rappresentavano una somma. In questo modo, potevano registrare il numero complessivo dei bovini o degli ovini o altro.

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Fig. 4  Rappresentazione su un quipu della somma (32+327+50+322=731)

Ma dove veniva eseguita l’addizione? E come?

 

Queste curiosità possono essere soddisfatte da un passo di un libro scritto da padre José de Acosta, un sacerdote spagnolo vissuto in Perù dal 1571 al 1586: «Vederli usare un’altra specie di quipu, con chicchi di granoturco, è perfetta letizia. Allo scopo di eseguire calcoli molto difficili per i quali un contabile capace avrebbe bisogno di carta e penna, questi indiani fanno uso delle loro granaglie. Ne mettono una qua, tre in un altro posto, e otto non so dove. Muovono qua e là un chicco e la realtà è che sono capaci di completare i loro calcoli senza fare il più piccolo errore. In verità, nell’esercizio della matematica sono migliori di noi che usiamo carta e inchiostro. Se questo non è ingegno e queste popolazioni sono animali selvaggi, lasciate che lo giudichi chi vuole! Quello che io reputo certo è che in quello che si impegnano a fare sono superiori a noi».

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                               Fig. 5  Tratta da Nueva Coronica y buen gobierno di Felipe Guamán Poma de Ayala.

 

L’altra specie di quipu di cui parla José de Acosta è la yupana. Non ci sono molte spiegazioni sull’uso della yupana e pertanto su di essa sono state elaborate diverse interpretazioni. Non è mia intenzione alimentare la discussione sui vari modelli interpretativi della yupana, ma faccio riferimento solo all’uso che oggi se ne fa nelle scuole di alcuni Paesi dell’America Meridionale.

 

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Fig. 6 Una yupana utilizzata oggi nella scuola primaria del Perù.

 

Sulla colonna a destra vengono sistemate le unità collocando chicchi di mais nei dieci fori. Quando questa colonna è piena si tolgono tutti i chicchi e se ne colloca uno nella colonna adiacente a sinistra, dove si sistemano le decine e così via. Rappresentare un numero sulla yupana è molto semplice e calcolare somme o differenze è banale. La moltiplicazione e la divisione vengono considerate come addizioni e sottrazioni ripetute.

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Una possibile interpretazione dell’antica yupana

 

 

Sulla yupana sono state avanzate diverse interpretazioni. La mia idea, che probabilmente è stata proposta già da altri, si basa su un atto di fede: gli antichi Incas avevano una intelligenza vivace e cercavano di economizzare gli sforzi come usano fare i matematici. Mi spiego: se su ogni colonna della scacchiera avessero praticato 1, 2, 4, 8 incavi avrebbero realizzato qualcosa di simile a quello che Georges Papy chiamava il mini-computer.

 

Posizionando un gettone nella casella con un incavo e uno in quella con quattro incavi si ottiene il numero 5. Un gettone nella casella con un incavo, uno in quella con due incavi e uno in quella con quattro incavi si ha il numero 7 e così via. Gli Incas sono stati ancora più attenti a minimizzare il numero di incavi: hanno praticato su ogni colonna 1, 2, 3, 5 incavi. In questo modo un chicco di mais posizionato nella prima casella in alto vale 1, nella seconda vale 2, nella terza vale 3, nella quarta in basso vale 5. Pertanto, per rappresentare il numero 7 non occorrono sette chicchi ma solo due: uno nella casella che vale 2 e uno in quella che vale 5. Il numero 9 non necessita di nove chicchi ma solo di tre: uno nella casella che vale 5, uno in quella che vale 3 e uno in quella che vale 1. È una bella economia e, ad esempio, per rappresentare il numero 12 869 occorrono nove chicchi e non ventisei.  

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Fig. 7

 

Bruno Jannamorelli
Bruno Jannamorelli
Insegnante di Matematica e Fisica nei licei per oltre trent’anni. Dal 2010 è docente a contratto di Didattica della Matematica presso il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università dell’Aquila. È autore di diverse pubblicazioni riguardanti la didattica e la divulgazione della matematica. Gestisce il sito www.lumacamens.it.
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