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18 Gen 2021

Le magnetar rivelano i segreti dell’Universo

Patrizia Caraveo

Patrizia Caraveo
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Chi si occupa dello studio dei fenomeni astrofisici transienti (si chiama Time Domain Astrophysics) non si annoia mai. I lampi gamma, che per un tempo brevissimo sono così brillanti da cancellare tutte le altre sorgenti celesti, sono una continua fonte di scoperte sorprendenti. Benché in 50 anni siano già stati rivelati migliaia di lampi gamma, sono ancora molti gli interrogativi aperti e nessuno può sapere se qualche risposta possa venire proprio dallo studio del prossimo evento.
Quindi, le distrazioni non sono ammesse. L’aprile 2020 è stato un periodo speciale in questo campo e, nonostante tutto il mondo fosse in lockdown, si sono registrate scoperte importanti per lo studio delle magnetar: le magnetar sono resti stellari ultracompatti e ultramagnetici, di gran lunga gli oggetti con il campo magnetico più alto che conosciamo.

 

Una magnetar nella galassia Sculptor

Il 15 aprile è stato rivelato GRB 200415A, inizialmente classificato come un lampo gamma breve ma adesso riconosciuto come dovuto a una magnetar nella galassia Sculptor, a 11,4 milioni di anni luce da noi. Il cambio di classificazione è dovuto alla straordinaria brevità del segnale, che si è esaurito in 140 millisecondi. Segnali così brevi sono stati visti solo durante delle emissioni straordinariamente potenti da magnetar.
Il posizionamento all’interno della galassia dello Scultore è stato fatto con grandissima precisione dalla rete interplanetaria IPN che, con strumenti su satelliti che esplorano il Sistema Solare, rivela i lampi gamma e li posiziona sfruttando le differenze dei tempi di arrivo registrati dai vari rivelatori. Più numerosi e più lontani sono i satelliti, più precisa sarà la posizione ricavata dall’intersezione delle zone di incertezza derivate da ogni coppia. È un sistema che funziona al meglio per segnali brevi e molto intensi come quello del 15 aprile 2020, costituito da un unico impulso durato poco più di un decimo di secondo che ha colpito prima il rivelatore russo a bordo della missione NASA Mars Odyssey (in orbita attorno a Marte dal 2001), poi ha viaggiato per 6,6 minuti prima di colpire il rivelatore (sempre russo) Konus a bordo della sonda WIND della NASA posizionata in L1 (tra la Terra e il Sole); dopo altri 4,5 secondi, la radiazione ha raggiunto i satelliti in orbita terrestre Fermi, Integral, Swift e ASIM (Atmosphere-Space Interaction Monitor, sulla Stazione Spaziale Internazionale).
Il lavoro di correlazione tra i tempi di arrivo sui diversi satelliti ha permesso di posizionare l’emissione nel cuore della galassia dello Scultore.
La rete interplanetaria, che si rinnova insieme ai suoi satelliti, funziona così da 40 anni ed è straordinario che, nonostante adesso siano in orbita satelliti dedicati allo studio dei Gamma Ray Bursts, sia ancora in grado di fornire risultati assolutamente competitivi.

 

Studiare la magnetar per studiare l’Universo

La sorgente nella galassia dello Scultore non è solo la magnetar più distante rivelata fino a oggi, ma è anche l’unica che è stata capace di produrre, subito dopo il giant flare, tre fotoni gamma di alta energia. Tre fotoni possono sembrare pochi, ma la posizione ricostruita per ciascuno di loro è compatibile con la galassia e quindi l’associazione è abbastanza convincente da porre interrogativi sul meccanismo di emissione capace di produrre fotoni così energetici da una magnetar (molto probabilmente nelle vicinanze, visto che i campi magnetici così intensi non lasciano passare i raggi gamma ed è necessario allontanarsi un po’ per incontrare campi magnetici meno intensi). I fotoni rivelati sono pochi ma buoni e certamente faranno nascere più possibili spiegazioni.

 

Magnetar e Fast Radio Burst: una coincidenza misteriosa

Il 28 aprile, poi, è venuta un’altra sorpresa, questa volta dalla nostra galassia. È stata vista una inedita coincidenza tra un brevissimo lampo radio (Fast Radio Burst, FRB) e una magnetar che stava emettendo una impressionante sequenza di segnali gamma. I FRB sono un fenomeno relativamente recente e risultano ancora piuttosto misteriosi. La coincidenza sia spaziale che temporale dei segnali gamma e radio ha aperto uno spiraglio molto promettente nella ricerca di possibili sorgenti responsabili dei FRB che i nuovi radiotelescopi rivelano in grande numero.
Ecco perché vale la pena studiare ogni lampo (sia radio, sia gamma). Non si sa mai cosa ci vorrà dire. 

 

Immagine di copertina: copyright Nasa’s Goddard Space Flight Center and Adam Block/Mount Lemmon SkyCenter/University of Arizona

Patrizia Caraveo
Patrizia Caraveo
È Dirigente di Ricerca all'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Dal 1997 è Professore a contratto dell’Università di Pavia, dove tiene il corso di Introduzione all’Astronomia. Astrofisica di fama mondiale, nel 2009 è stata insignita del Premio Nazionale Presidente della Repubblica. Come membro delle collaborazioni Swift, Fermi e Agile ho condiviso per tre volte con i colleghi il Premio Bruno Rossi della American Astronomical Society nel 2007, 2011 e 2012. Nel 2014 è entrata nella lista degli Highly Cited Researchers. Fa parte del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica e delle 100 donne contro gli stereotipi. È Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Per Dedalo ha pubblicato Il cielo è di tutti (2020).

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