La Luna ha sempre un grande fascino. Nell’ultimo numero di Sapere ho parlato dei piani per riportare astronauti, uomini e donne, a esplorare il nostro satellite. Mentre aspettiamo che i sogni diventino realtà, mi piace notare che il ricordo delle missioni Apollo è sempre con noi.
I campioni lunari della NASA
La NASA ha sempre fatto ogni sforzo per evitare la commercializzazione dei campioni lunari portati a casa dagli astronauti delle missioni Apollo. I circa 380 kg di materiale sono custoditi lontani da possibili sorgenti di contaminazione in un fabbricato forziere a Houston, inaccessibili ai collezionisti vogliosi di acquistarli. La mancanza di offerta, ovviamente, fa lievitare la domanda e la NASA si è sempre battuta per evitare che campioni lunari donati a capi di Stato o ai suoi ingegneri che andavano in pensione finissero sul mercato. Ci sono state cause che, a volte, hanno visto anche ex astronauti (o i loro eredi) tra gli imputati dove i giudici hanno sempre dato ragione alla NASA. Ma tutte le regole hanno delle eccezioni e, quando è la NASA a commettere degli errori madornali, i giudici si sono visti costretti a dare torto all’agenzia.
Il caso della polvere lunare venduta all’asta
È successo nel 2015 quando Nancy Lee Carlson, un’avvocatessa di Chicago con la passione per la storia delle missioni spaziali, ha acquistato all’asta un ricordo delle missioni Apollo: si trattava di una piccola borsa con la scritta Lunar Sample Return che evidentemente doveva essere stata usata per riportare a terra campioni lunare. Nel catalogo dell’asta l’oggetto era attribuito alla missione Apollo 17. Una volta ricevuta la borsa (che le era costata poco meno di 1000 dollari) la signora pensò di mandarla alla NASA per avere una certificazione di quello che aveva comperato. Apriti cielo! Alla NASA riconobbero subito che si trattava della borsa per la raccolta di campioni lunari che era stata usata da Neil Armstrong, della quale si erano perse le tracce a seguito del furto di materiale al Kansas Cosmosphere and Space Center nel 2003. Una volta recuperata la refurtiva a casa del direttore dello Space Center, l’oggetto era stato catalogato come facente parte del corredo dell’Apollo 17 (che però non aveva questo tipo di contenitori).
La NASA chiese subito la restituzione della borsa storica, ma la signora non volle sentire ragioni. Lei l’aveva comperata in un’asta legale e quindi era un oggetto di sua proprietà. Si andò in tribunale e il giudice le diede ragione. La NASA dovette quindi restituire la borsa, che andò all’asta nel 2017 e venne venduta per 1,8 milioni di dollari. La NASA però aveva trattenuto la polvere che era attaccata al tessuto (era stato grazie a quella che aveva capito al di là di ogni dubbio che si trattava del materiale dell’Apollo 11) e non era intenzionata a ridarla alla signora Carlson, che non ha esitato a fare causa all’agenzia per riavere indietro quello che era suo. Anche in questo caso, il giudice ha dato ragione alla signora, che ha poi messo all’asta i contenitori in alluminio contenenti 0,2 grammi di polvere lunare. Le offerte si sono fermate a 504.375 dollari, meno di quanto stimato, ma pur sempre una bella cifra che fa della polvere lunare uno dei materiali più costosi sul mercato.
Certo, parte del pregio è l’interesse storico, unito all’assoluta mancanza di offerta. Chi ha acquistato quel pizzico di polvere ha voluto possedere un pizzico di storia.
In copertina: i contenitori della polvere lunare andata all’asta da Bonhams.